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martedì 30 agosto 2011

I libri e l'estate: abbandoniamo il dovere e lasciamo spazio al piacere!

Ho letto quest'articolo di Roberto Denti (http://it.wikipedia.org/wiki/Roberto_Denti) e devo dire che mi trovo particolarmente in accordo con la sua linea di pensiero . . . la lettura è un piacere e penso che usare il verbo DEVE (deve essere un piacere) sia già prendere in giro il bambino con cui parliamo. Il verbo dovere suggerisce tutto meno che il piacere! La passione per la lettura si dimostra, si passa, si comunica . . . non si insegna e non si impone! E leggere è scoprire, è essere curiosi, è relax, è magia! Noi insegnanti abbiamo il dovere (qui si è giusto usarlo!!) di avvicinare i bambini ai libri e al mondo fantastico che sta dentro di essi . . .Se gli adulti, durante le vacanze, hanno senz'altro più tempo libero dal lavoro, anche i bambini, oltre che finalmente scatenarsi nei giochi all'aria aperta, in questo periodo possono affrontare con maggiore libertà e serenità le letture preferite, senza l'impegno della scuola.






ARTICOLO TRATTO DAL SITO DEL BATTELLO A VAPORE 
http://www.battelloavapore.it/bav_insegnanti/bav_insegnanti_news/newsinsegnanti-143819.view



"Un’esigenza molto sentita alla fine dell’anno scolastico è quella di indicare agli alunni, classe per classe, un elenco di libri per non perdere il contatto con la lettura durante le vacanze estive. Può sembrare soltanto una tradizione, ma una breve riflessione indica che il problema è più complesso di quanto può apparire.Infatti: a) qual è il criterio di scelta da parte dell’insegnante? È un elenco composto attingendo da varie fonti di informazione o segue un percorso di lettura indicato durante l’anno scolastico? b) I libri suggeriti sono adatti a tutti i bambini della classe? O sarebbe più opportuno che l’insegnante suggerisse ai singoli alunni (o a gruppi diversificati) libri di narrativa adatti ai vari livelli di capacità (o di interessi) di lettura? È corretto presumere che tutti gli alunni siano da ritenersi di uguale competenza nell’affrontare un testo? c) Da esperienza di trentacinque anni di attività di una libreria specializzata per bambini e ragazzi, capita spesso che gli alunni, mostrando l’elenco avuto dall’insegnante, chiedano di indicare uno o due libri con il numero minore di pagine perché alla lettura deve far seguito il “riassunto scritto”, che rappresenta sempre (anche durante l’anno) un momento negativo per il piacere della lettura. Fortunati quegli alunni ai quali il riassunto lo scrivono mamma e papà. La lettura del libro durante l’estate o durante l’anno scolastico deve essere un momento assolutamente non didattico. L’estate è lunga, calda, qualche volta piovosa, ci sono i compiti delle vacanze, certamente utili: far entrare la lettura di uno o più libri di narrativa come “compito” può essere controproducente. Come affrontare allora la necessità di offrire agli alunni una serie di suggerimenti che possano rappresentare davvero un’indicazione concreta e produttiva? 1) L’elemento fondamentale è quello di conoscere i libri inseriti nell’elenco proposto. Al ritorno, alla fine delle vacanze, si può parlare con gli alunni dell’argomento: ti è piaciuto? Lo faresti leggere ai tuoi compagni? In particolare a chi? Qual è il personaggio che ti è sembrato più interessante? La vicenda del libro ti ha incuriosito? Il finale ti è sembrato giusto? Vorresti o saresti capace di cambiarlo? Ecc… Queste indicazioni non sembrino banali: servono per rendersi conto che il riassunto scritto non è utile per stabilire un rapporto con il libro, rapporto che non può prescindere dal fattore emotivo. 2) È difficile, per non dire impossibile, che un insegnante possa essere sempre informato sulle ultime novità della narrativa per bambini e ragazzi. Quali possono essere le fonti d’informazione? Le più vicine all’esperienza dei docenti sono certamente: • i colleghi • la biblioteca scolastica, se esiste ed è efficace • la biblioteca di pubblica lettura • una libreria più vicina alla scuola che svolga attività specifica per ragazzi o abbia almeno un settore specializzato per questa età. Credo che ogni insegnante abbia il diritto di informarsi e di aggiornarsi sui problemi che riguardano gli interessi educativi e cognitivi che riguardano la sua professione. Quello della lettura è un problema che diventa sempre più complesso perché il mondo adulto non legge: la lettura è fatta di comportamenti e non di sollecitazioni verbali. Gianni Rodari diceva che il verbo leggere è l’unico verbo che non ammette l’imperativo. Inoltre è indispensabile tener presente il radicale cambiamento che si è operato a partire dalla primissima infanzia nella mente dei bambini, i quali cominciano a conoscere le “storie” da quando – a partire dai tre anni circa – le ascoltano dalla voce dell’adulto (familiare o insegnante di scuola materna). Durante l’ascolto imparano a “leggere” le immagini e a correlarle con le vicende che sentono leggere o raccontare. Molto presto, però (verso i quattro anni), imparano ad usare la TV con l’utilizzo di videocassette o dvd che la famiglia propone attraverso i cartoni animati, in prevalenza disneyani. Il bambino si abitua così ad una decisa rapidità nella successione dei ritmi narrativi. Infatti quello che accade in un minuto primo di un cartone animato ha bisogno di quattro – cinque minuti per venir raccontato in una pellicola interpretata da personaggi umani. La lettura è ancora più lenta. Abituare un bambino a leggere (ovviamente dal punto di vista didattico) richiede pazienza e abitudine ad un ritmo meno veloce di quello a cui si è abituato con il cartone animato e con i telefilm. Compito difficile ma indispensabile. I bambini non rifiutano questo cambiamento, ma devono essere aiutati in questo processo cognitivo. Per tornare all’argomento delle letture estive: è scorretto considerarle un’attività di secondo piano. Devono far parte di quel complesso curriculum che riguarda la lettura e che gli insegnanti possono costruire utilizzando gli strumenti che ritengono più adeguati affinché la loro attività abbia un seguito coerente anche quando gli alunni sono in vacanza." 


"Matilda", libro di Roald Dahl, che ho letto, riletto e amato.

lunedì 29 agosto 2011

Un'avventura inaspettata: l'insegnante specializzata sul sostegno




"L'emozione di conoscere può essere riconosciuta quale energia che può determinare il superamento delle
difficoltà, della fatica che i percorsi di conoscenza spesso propongono, trasformandoli in avventura piacevole.
In questa avventura che la conoscenza propone non si accettano sentieri, percorsi "sgombrati" dalle difficoltà, dagli errori, dalla fatica...come un esploratore, uno scalatore, chi si avventura nella conoscenza, 
desidera vivere gli sforzi, le fatiche in quanto queste fanno parte dell'emozione del conoscere dandogli  il "sapore ", il "fascino dell'avventura".




Per me diventare insegnante di sostegno è stata un'occasione: non ci avevo mai pensato!
Io volevo diventare un'insegnante di classe e mentre scrivevo la tesi per laurearmi in Scienze della formazione primaria sono venuta a sapere che c'era la possibilità di frequentare questo corso di specializzazione per i bambini disabili e mi sono detta: “perché no?”
L'occasione è diventata curiosità, voglia di imparare cose nuove e di non fermarmi, di continuare a crescere ...insomma una nuova avventura...
E' proprio un viaggio, un iter, un'avventura sempre nuova interagire con i ragazzi in "difficoltà" alla ricerca di strade, sentieri, percorsi alternativi per arrivare alla conquista di un qualcosa di proprio, che porta il nome di ogni singolo alunno...poiché ognuno di loro, ognuno di noi, ha delle capacità speciali che ci  aiutano a trovare il nostro posto nel mondo, che ci guidano nelle scelte e orientano il nostro fare.

“L'insegnante "di sostegno", in realtà, è un insegnante "per" il sostegno, o meglio per attivare le varie forme di sostegni che la comunità scolastica deve offrire. Un insegnante competente che permetta al contesto scolastico di essere competente, e non limiti e chiuda, quindi, la competenza alla sua presenza ma la colleghi all'investimento strutturale dell'ambiente scolastico" 


L’insegnante di sostegno si occupa dell’integrazione scolastica degli allievi con difficoltà di apprendimento, diversamente abili (con handicap psicofisici o sensoriali) o appartenenti a categorie dell’area del disagio (sociale, culturale, familiare) e ha il compito di contribuire al coinvolgimento nella vita scolastica degli allievi in condizioni di svantaggio, ma è anche tenuto ad impegnarsi nelle normali attività didattiche, al pari degli altri insegnanti.
Egli deve:

Promuovere l’autostima e la fiducia favorendo l’integrazione e lo sviluppo delle potenzialità di ogni allievo con difficoltà di apprendimento o diversamente abile.
Riconoscere i bisogni educativi speciali e stabilire le strategie di recupero che risultino più adatte al soggetto per costruire una progettualità individualizzata in ambito scolastico, in funzione del progetto di vita, elaborando un Piano educativo individualizzato (PEI) che contiene finalità e obiettivi didattici, itinerari di lavoro, metodologie, tecniche di verifica, modalità di coinvolgimento della famiglia e così vi
- Saper utilizzare tecniche e strumenti che consentano di delineare un profilo preciso del bambino, attraverso test, schede e prove diversificate. È infatti essenziale che l'insegnante comprenda le attitudini, le potenzialità e gli interessi degli allievi che deve seguire per stabilire gli obiettivi da raggiungere nel programma educativo e le modalità con cui metterli in atto.
- Saper utilizzare le nuove tecnologie didattiche, gli strumenti compensativi e gli ausili all'apprendimento che possono risultare utili ai bambini a lei affida
Saper applicare efficaci strategie in ambito cognitivo e relazionale: deve essere particolarmente motivato, ed essere in grado di stabilire contatti positivi con la famiglia e le altre figure che ruotano attorno al bambino ( servizi socio-sanitari, specialisti privati etc..)

domenica 28 agosto 2011

* La gioia in un sorriso *

Oggi vado al battesimo della mia cuginetta . . . la adoro!!!
Guardate il suo faccino e ditemi, non è l'immagine della gioia??? A me mette tanta tante allegria il suo sorriso semplice, gratuito e genuino!!! Che dono del cielo che sono i bimbi!!! *-*
Leggiucchiando qua e là ho trovato questo pensiero di Madre Teresa di Calcutta . . . Perfetto direi !!!
Buona domenica a tutti!!!






Sulla Gioia

Un cuore gioioso è il normale risultato 
di un cuore che arde d'amore. 
Lagioia non è semplicemente una questione di temperamento, 
è sempre difficile mantenersi gioiosi: 
una ragione di più per dover cercare di attingere 
alla gioia e farla crescere nei nostri cuori.

La gioia è preghiera; la gioia è forza; la gioia è amore. 
E più dona chi dona con gioia.

Ai bimbi e ai poveri, a tutti coloro che soffrono e sono soli, 
donate loro sempre un gaio sorriso; 
donate loro non solo le vostre premure, ma anche il vostro cuore. 
Può darsi che non si sia in grado di donare molto, 
però possiamo sempre donare la gioia 
che scaturisce da un cuore colmo d'amore.
Se nel vostro lavoro incontrate difficoltà e le accettate con gioia, 
con un largo sorriso, in ciò, al pari di molte altre cose, 
vedrete le vostre opere buone. 
E il modo migliore per dimostrare la vostra gratitudine 
consiste nell'accettare ogni cosa con gioia.

Se sarete colmi di gioia, la gioia risplenderà nei vostri occhi 
e nel vostro aspetto, nella vostra conversazione e nel vostro appagamento. 
Non sarete in grado di nasconderla poiché la gioia trabocca.

La gioia è assai contagiosa. 
Cercate, perciò, di essere sempre 
traboccanti di gioia dovunque andiate.

...

La gioia dev'essere uno dei cardini della nostra vita.
E' il pegno di una personalità generosa. 
A volte è altresì un manto che avvolge 
una vita di sacrificio e di donazione di sé. 
Una persona che possiede questa dote spesso raggiunge alti vertici. 
Splende come un sole in seno a una comunità.

...

Che Dio vi renda in amore tutto l'amore che avete donato 
o tutta la gioia e la pace che avete seminato attorno a voi, 
da un capo all'altro del mondo.

da "Nel cuore del mondo" Rizzoli editore


giovedì 25 agosto 2011

Essere maestre comporta una grande responsabilità!


Di cuore auguro ad ogni bambino un maestro verso il quale possa sentire una profonda venerazione. E ad ogni bambino auguro di ricevere un’educazione che fa diventare veri uomini, un’educazione che permette a tutto ciò che c’è in ognuno di bello e di buono di sbocciare come un fiore all’aria aperta.”
(R.Steiner)




Ripenso ai miei insegnanti, a quelli che mi hanno influenzata maggiormente…. in pratica tutti… perchè da loro ho forse intuito come deve o non deve essere un insegnante e ripenso anche alla decisione che ho preso quando ho capito che il mio sogno era quello di  diventare una maestra.
Ho fatto tutto ciò che mi avrebbe potuto aiutare a raggiungere la mia meta con gli strumenti più adatti: ho lavorato come animatrice in oratorio  e poi per il comune in colonia ( esperienze COMPLETAMENTE DIVERSE!!!) sono diventata  baby sitter  di un bambino adorabile che ormai sarà un ometto e mi sono cimentata pure in mansioni di “ripetizioni” casalinghe. Tutto questo ha sempre confermato in me la scelta che avevo fatto e per questo ho cercato di scegliere il percorso scolastico che mi avrebbe messo a disposizione le competenze e gli strumenti più adeguati per svolgere questa professione sempre al meglio delle mie possibilità.
“Essere una maestra comporta una grande responsabilità”, lo riconosco e sebbene abbia accettato questa responsabilità, non è una scelta fatta una volta per tutte, ma è un “SI” che ripeto ogni giorno quando arrivo a scuola. Ho ancora tanto da imparare e sicuramente ne avrò per tutta la vita. E’ per questo che ho scelto di  stare con i bimbi: imparo da loro più di quanto io non riesca ad insegnare. Sono loro che mi “educano” alla vita, che riescono a tirare fuori la parte migliore di me.
Noi maestre non abbiamo il semplice compito di inculcare nozioni nella testa dei bambini  . . No! Noi abbiamo la missione di instillare in loro la curiosità, la sete di sapere, la voglia di avere una propria opinione, un punto di vista! L'ignoranza e la mancanza di criticità sono strumenti che lo Stato ( non uno qualunque... il NOSTRO) sta cercando di creare abbattendo la scuola pubblica, per avere cittadini facoltosi e poco acculturati ( perchè insomma... diciamo... si comprano diplomi, lauree etc..) e persone normali ignoranti. E' facile governare chi non ha strumenti per capire ciò che gli accade attorno!!!

Abbiamo in mano il futuro del nostro paese, dell'umanità! Essere maestre è una grande responsabilità!!!

mercoledì 24 agosto 2011

Siamo vicini al momento dell'accoglienza maestre! Riflettiamo!


A   come…ACCOGLIERE,……ASCOLTARE,…...ACCOMPAGNARE,

Tre azioni pedagogiche concrete e non soltanto tre auspici ideali, sono infatti termini evocatori di scelte personali e istituzionali imprescindibili (…) nella relazione con il bambino.

(…) Gli insegnanti non possono che assumere modi e toni coerenti con il senso inequivocabile delle tre A:  mettere a proprio agio qualcuno, interessarsi a quello che dice o, che vorrebbe dire, dargli sicurezza.

Accoglienza, allora, vorrà dire mandare segnali chiari in merito al clima di benvenuto da costruire non soltanto in questa o quella classe, bensì da allargare a tutta la scuola. Un’altra pelle, un’altra lingua, un’altra storia alle spalle, vanno accolte, ascoltate, accompagnate per mano.


Demetrio D., (1997) Agenda interculturale. Quotidianità ed integrazione a scuola. Idee per chi inizia. Meltemi, Roma.

 

Quando si parla di accoglienza scolastica oggi si fa riferimento quasi esclusivo ai cosiddetti alunni diversamente abili o agli alunni immigrati.
Invece il problema dell'accoglienza scolastica riguarda tutti gli alunni.
La scuola deve configurarsi come un ambiente accogliente, gratificante, piacevole per tutti, alunni e docenti.
In essa nessuno deve sentirsi a disagio, ma tutti debbono avvertire che "stanno bene" in essa, come si diceva negli anni ‘90.
Lo " star bene " a scuola è una delle caratteristiche più significative che ogni scuola deve garantire.
Ma non sempre questo si è verificato. Nel passato, la scuola era avvertita come luogo di malessere. In essa, se non male, gli alunni stavano a disagio, almeno si annoiavano. Per questo, l'ex ministro Letizia Moratti, senza alcun riferimento al suo nome di battesimo, affermava a Rimini che occorre rendere la scuola meno noiosa. Ma rendere la scuola meno noiosa significa renderla anche accogliente.
Accogliere è termine che etimologicamente significa "cordiale, ospitale". Quando gli alunni sono accolti a scuola?
Non certamente quando sono iscritti. Questo è il primo adempimento, dovuto, che non assume alcuna connotazione sul piano emotivo-affettivo.
L'accoglienza non è costituita nemmeno dalle buone maniere, dai saluti, dalle parole gentili.
L'accoglienza è cosa ben più significativa. Non era certamente accogliente la scuola di ieri, la scuola severa, la scuola dell'apprendimento motivato dalle pene, dalle minacce, dalla bocciature, dai voti bassi, ma soprattutto dal clima che in essa imperava.
Il docente, seduto in cattedra, situata sulla pedana non si preoccupava di ciascuno degli alunni, se non nei loro livelli di apprendimento delle nozioni propinate nelle lezioni e nei libri di testo.
Dalla parte opposta, gli uni contro gli altri, e non solo in senso figurato, stava la scolaresca, la classe, e non gli alunni, i singoli alunni, l'uno diverso dall'altro nelle sue caratteristiche, nelle sue motivazioni, nei suoi comportamenti.
Al docente seduto in cattedra si poneva di fronte, si parava di fronte, una scolaresca amorfa, senza volti, costituita da sagome di alunni di cui solo qualcuno riusciva a distinguersi, molto più spesso per i suoi demeriti che per i suoi meriti.
Il docente non conosceva gli alunni ma i loro livelli di apprendimento, desunti unicamente dalle interrogazioni e dalle valutazioni trimestrali o, peggio, quadrimestrali.
Quelli che oggi poniamo a fondamento dei processi apprenditivi e formativi degli alunni, cioè i loro livelli di sviluppo e di apprendimento, i loro stili e ritmi apprenditivi, le loro motivazioni, erano completamente sconosciuti dai docenti e lo sono molto spesso ancora oggi, malgrado le schede di valutazione ed i portfoli, anche perché nella scuola mancano le figure dello psicologo e del sociologo, che li potrebbero fornire.
Ma la scuola di ieri, è risaputo, non era certamente accogliente, anzi veniva vissuta come una condanna, una pena, una costrizione. E si parlava appunto di obbligo scolastico e non di diritto allo studio, inteso come diritto alla piena formazione, al successo formativo, così come oggi si prevede nel Regolamento dell'autonomia scolastica (D.P.R. 275/1999), dando finalmente attuazione all'articolo 3 della Costituzione repubblicana del 1948 che all'articolo 3 parla di pieno sviluppo (<<pieno sviluppo della persona umana>>) (art. 3, Cost.).
Oggi, la scuola ha l'obbligo di garantire il successo formativo e di garantirlo a tutti gli alunni, nel rispetto e nella valorizzazione delle loro diversità, che ovviamente occorre conoscere.
Si richiede, pertanto, un nuovo modello di scuola, fondata sulle metodologie e didattiche che presuppongono:
- la partecipazione;
- la conoscenza e l'accoglienza degli alunni che possono essere garantite dal nuovo strumento di valutazione, costituito non tanto dalla scheda di valutazione, quanto dal Portfolio, fascicolo che si dovrebbe presentare, non come album dei ricordi scolastici, ma come cartella socio-psico-pedagogica, dalla quale risulta la fotografia a colori di ciascun alunno.
Ciascuno alunno può essere accolto se è conosciuto e riconosciuto nella sua identità personale, sociale, morale, culturale, religiosa e civile.
Accogliere significa quindi non fare riferimento ad una scolaresca di alunni che eguali non sono e non debbono diventare, anche se tali sono considerati, nonostante che si presentino con le loro fisionomie personali la cui conoscenza dà ai docenti la possibilità di rispettarli nelle loro identità e quindi di accoglierli, di metterli a loro agio e soprattutto nelle migliori condizioni perché possano perseguire e conseguire il successo formativo.
L'accoglienza non è più un atto formale ma costitutivo dell'azione educativa e didattica, che garantisce a ciascun alunno le condizioni a lui più adeguate perché possano perseguire il loro successo formativo, la loro piena formazione umana, la loroautorealizzazione.
Evidentemente, questa conoscenza delle più diverse caratteristiche dei singoli alunni può essere realizzata nell'ambito dell’elaborazione del portfolio, attraverso il concorso dell’azione di indagine dello psicologo, del sociologo e dei docenti tutti.
L'accoglienza si concretizza nella creazione di un clima scolastico positivo, che cioè valorizza le competenze già possedute dall'alunno che crea un clima collaborativo tra docenti ed alunni, tra alunni ed alunni, ma soprattutto crea un clima valorizzante.
Come prevede il Regolamento dell'autonomia scolastica, la scuola deve riconoscere e valorizzare le diversità.
Ogni essere umano aspira ad essere riconosciuto nella sua identità, alla sua valorizzazione, alla sua piena accettazione, una accettazione senza limiti, senza riserve e soprattutto autentica.
L'accoglienza riguarda, non solo i rapporti tra i docenti e gli alunni, ma anche i rapporti tra gli alunni.
Lo “star bene a scuola” si attua, non solo quando i docenti valorizzano i loro singoli alunni, riconosciuti nelle loro personali identità (Fotografia a colori), ma anche quando si crea tra gli alunni un clima di accettazione, di rispetto, di accoglienza appunto.
L'accoglienza consente ad ogni alunno di fare domande, di chiedere spiegazioni, di svolgere le attività a lui più gradite.
Ma dire che nella scuola si attua l'accoglienza non significa che nella scuola non possano verificarsi anche conflitti, che sembrano la negazione dell'accoglienza.
I conflitti fanno parte della vita e si manifestano soprattutto quando si valorizzano le diversità. La scuola di ieri tendeva ad omologare, anche per evitare i conflitti che la ferrea disciplina imposta dall'alto con la lezione collettiva esigeva.
I conflitti debbono invece avere la possibilità di esprimersi per consentirne il superamento, senza influire negativamente sui soggetti, ma favorendo anzi la comprensione e quindi l'atmosfera di accoglienza anche di coloro che si presentano con esigenze e caratteristiche diverse.
L'accoglienza nella scuola non è mera formalità, fatto di saluti e belle parole, ma sta a fondamento di una scuola che si pone all'insegna della personalizzazione educativa, in quanto favorisce, non solo i rapporti tra i docenti e gli alunni e tra gli stessi alunni, ma anche perché consente di promuovere una metodologia educativa e didattica personalizzata, cioè rispettosa delle caratteristiche personali dei singoli alunni.
Comunque, l'aspetto più significativo dall'accoglienza è forse costituito dalla possibilità che essa offre di rispettare le diversità dei singoli alunni: alunni diversamente abili, alunni extra comunitari o alunni appartenenti alla cultura dell'ambiente scolastico.
Accogliere gli alunni, i singoli alunni, è il primo impegno di una scuola che si pone all'insegna della personalizzazione educativa, nella quale ogni alunno viene valorizzato nella sua identità personale, sociale, culturale, religiosa.
E come tale l'accoglienza costituisce un impegno primario degli operatori scolastici tutti, tra i quali non dovrebbero mai mancare, non solo i docenti, ma anche i sociologi e gli psicologi.

Fonte: http://www.rivistadidattica.com

http://i54.tinypic.com/96c5ew.png

martedì 23 agosto 2011

Piccoli consigli per il rientro a scuola dei docenti


Tutto quello che i manuali di pedagogia e di didattica non dicono, ma che è necessario sapere per uscire serenamente da un anno scolatico intero e che va deciso ad inizio d'anno.

Il rientro a scuola imminente è caratterizzato per molti docenti, come ormai consuetudine, dall'incertezza e  dalle novità. Per molti sono le decisioni estive prese sulla testa degli operatori scolastici: organico, finanziaria, trasferimenti d'ufficio, per altri sono anche l'incertezza della classe dove dovranno operare. Chi ha terminato un ciclo sa di dover ricominciare con nuovi alunni o continuare un lavoro iniziato da altri.
Trovandoci di fronte ad un anno intero da passare è gioco forza non farsi fagocitare dal sistema scuola,  dai suoi meccanismi a volte contorti,  cercare  fin dall'esordio di conservare la necessaria freschezza per affrontare serenamente il lavoro con gli alunni.
Può sembrare banale, ma se ci si riflette bene, ognuno di noi ricorderà anni iniziati malissimo proprio a causa di decisioni sbagliate o prese a cuor leggero ad inizio d'anno.
Ecco allora come provare ad uscire vivi dal periodo iniziale che vede gli insegnanti impegnati a riorganizzare il rientro nelle classi. 

La scelta della classe
Se doveste trovarvi di fronte alla scelta della vostra futura classe, ricordatevi che siete di fronte ad una scelta obbligata solo se siete ultimi nella graduatoria d'istituto, valutate quindi molto bene i pro e i contro senza lasciarvi influenzare dai giochini interni, dalle lusinghe o i suggerimenti non richiesti. Uno sguardo attento durante i primi collegi vi darà un'indicazione chiara di chi vuole andare con chi. Fate la scelta riflettendo su ciò che effettivamente vi farà stare più a vostro agio, se è il caso esplicitate  i vostri dubbi al dirigente. Sulle assegnazioni, in caso di mancato accordo, l'ultima parola spetta a lui.
Non si tratta di chi si accomoda meglio, bensì a volte una situazione più defilata può essere meglio di una più esposta per alcuni, viceversa altri si trovano meglio in situazioni più esposte. Occorre saper valutare cosa effettivamente siamo in grado di sostenere e dare. Lavorare serenamente significa essere efficaci per buona parte dell'anno, evitare i conflitti e non arrivare distrutti fisicamente e moralmente a fine anno.

I progetti
Nota dolente dei collegi di Settembre è l'adesione ai progetti. Un corri corri generalizzato a ficcarsi dentro ogni progetto emanato dal ministero, dalla regione o da altri enti non ha più ragion d'essere causa la morte della compresenza e i fondi ridicoli che spesso accompagnano questi progetti. Valutare attentamente i costi/benefici in termini di investimento di tempo per la realizzazione del progetto, quanto è integrabile nella didattica e a quanto ammonta il finanziamento, ad esempio, per l'acquisto di materiale  di consumo o per i sussidi. Non da ultimo informarsi bene se è prevista qualche forma d'incentivo. Gratis et amore Dei  non è proprio il caso di sfiancarsi rincorrendo mille progetti, perchè anche l'integrazione nella didattica richiede una attenta e costante progettazione. Ricordare che anche la partecipazione a rassegne e concorsi è da prendere in considerazione se il gioco vale la candela.

Commissioni e organizzazione interna
Vale un po' come il discorso dei progetti, ma qui entra in gioco la divisione del lavoro: è giusto occuparsi di qualcosa, lasciando spazio a tutti. Durante la suddivisione dei compiti è giusto che ciascuno se ne prenda in carico una parte, facendo in modo di coinvolgere anche i colleghi più giovani o i nuovi ingressi, solitamente più restii a fornire collaborazione. Spetta a chi si occupa di troppe cose farsi da parte e lasciare opportunità a tutti.

I rapporti coi colleghi
Questo vale soprattutto per i neo immessi in ruolo, ma anche per coloro che imperterriti continuano a intessere rapporti personali stretti, salvo poi pentirsene: mantenere rapporti cordiali con tutti senza fare alleanze con nessuno. Si sa le alleanze nella scuola sono solo alla bisogna e cambiano di continuo a seconda delle necessità e/o convenienze, pertanto sono da evitare come la morte. Un rapporto cordialmente fermo con tutti, decisioni definite e una buona sicurezza personale ci mettono al riparo da sofferenze successive.

I rapporti con le famiglie
Un po' come sopra, ma con ancora più professionalità: messaggi gentili, chiari, diretti e formali. Ognuno deve fare la propria parte senza ingerenze e nel rispetto del patto educativo. Occorrerà tanta gentilezza, capacità di accoglienza e altrettanta fermezza nel delimitare il campo d'azione. In caso di situazioni spinose non agire mai d'impulso, prendersi il tempo per valutare e discutere sempre in separata sede, mai durante le ore in cui si dovrebbe stare con gli alunni, o al momento dell'ingresso/uscita o nella pausa ricreazione. Siate chiari nelle risposte, esaurienti, ma senza piegarvi troppo, mantenete il profilo del docente che sa bene cosa sta facendo, un docente insicuro e tentennante non fa una buona impressione e rischia di consegnare di sè un' immagine debole e di apparire insicuro anche di fronte alla classe.

I rapporti con gli alunni
Se è una classe che conoscete non avrete difficoltà a riallacciare i rapporti, si ricomincia da dove ci era fermati all'insegna della tranquillità, valutato tutto quanto ci accade intorno  oggi, è inutile accanirsi con una didattica a marce forzate: fare bene e senza stress. 
Se si è avuto in dono una nuova classe, il rapporto è tutto da costruire, ne parleremo in un post a breve. E' giusto prendersi tutto il tempo per conoscere ciascun alunno, mostrando da subito le proprie intenzioni e soprattutto evidenziando il progetto scolastico, quello personale e quello della scuola che include la loro crescita personale e culturale:  il primo messaggio che deve passare è proprio l'attenzione individuale, ma anche il rispetto dei ruoli, anche di quelli dei bambini. 
Una cosa particolarmente sottovalutata, sia nella scuola Infanzia che alla scuola Primaria è l'instaurarsi di rapporti amicali con le famiglie. Può succedere di sentirsi particolarmente vicini alle famiglie dei bambini. L'ideale  è mantenere questa vicinanza all'interno dei rapporti scolastici, senza mai portarli all'esterno. Questi rapporti, a volte anche molto belli rischiano di ritorcersi contro il docente,  ma può avvenire anche il contrario, alla prima difficoltà. 


Sicuramente voi lettori avete altre esperienze da portare in aggiunta a questo piccolo vademecum del rientro a scuola che è solo una traccia non esaustiva dell'argomento, farete cosa gradita se voleste segnalarli.