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venerdì 16 settembre 2011

Ad ogni bambino regalerei le ali . . .

Una cara amica dell'università mi ha segnalato via mail queste parole, che ho trovato profonde e interessanti, quindi ho deciso di condividerle con tutti voi che leggete i miei pensieri!!
Ringrazio Elena per la costanza che ha di leggermi e per aver pensato a me leggendo queste poche righe :)





“Ad un bambino regalerei le ali, ma lascerei che da solo imparasse a volare!”

Questa bella frase è dello scrittore colombiano Gabriel Garcìa Màrquez, Nobel 1982 della letteratura.
Mi sembra una bella rappresentazione dell’educazione, della missione e della funzione dell’adulto accanto al piccolo, della presenza discreta ed efficace del genitore e del maestro o della guida religiosa.

E’ necessario offrire al bambino non solo cibo, vestiti, cure esterne; è indispensabile far crescere in lui il respiro della vita, aprirlo ai sogni, alla bellezza, all’infinito, all’amore. Sono queste le ali che devono sollevare la sua esistenza dal mero orizzonte fisiologico.

Ma, dopo aver insegnato al bambino le modalità del volo, bisogna che egli stesso s’impegni, con le sue energie, la sua libertà, la sua coscienza, a crescere e percorrere le vie della vita. Non lo si deve portare sempre in bracciorendendolo inerte, anche se non bisogna abbandonarlo nella solitudine assoluta. Il filosofo ottocentesco Soren Kierkegaard, meditando sulla prova di Abramo nel sacrificio di Isacco, vedeva nel racconto biblico una parabola dell’esperienza di fede e la comparava a un uso orientale.
La madre, quando deve staccare da sé il figlio perché viva come persona libera, si tinge di nero il seno così che il bimbo non vi si attacchi. Il piccolo crede che la madre lo rifiuti e, invece, quel momento è il segno più alto dell’amore vero, quello che genera un uomo libero.

(da “Mattutino” di G. Franco Ravasi)


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