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domenica 27 maggio 2012

Non si riciclano più solo i materiali, ora anche i lavori!

Ho letto per caso questo articolo e sono rimasta a bocca aperta per la realtà che contiene ...
L'Italia, il mio paese, che peraltro amo profondamente... si sta rendendo ridicolo agli occhi dei suoi cittadini e del mondo intero.
Ma è mai possibile che tutto il mondo punti a persone specializzate, competenti, appassionate e ricche di voglia di scoprire, inventare, ricercare nuove soluzioni e il nostro invece.... punti a svalutarsi??? A svalutare chi ha scelto una professione e la vorrebbe portare avanti con amore??
Poi ci si domanda il perchè della fuga dei cervelli... ringraziate che scappano "solo" quelli.. perchè se scappassero anche braccia, gambe e cuori... ragazzi.. l'Italia resterebbe vuota! Vuota di valori e di persone straordinarie quali siamo.... Ed è un peccato!
Abbiamo un sistema scolastico tra i migliori del mondo... (almeno cosi dicono alcune ricerche, le quali affermano che la scuola italiana, fino alla secondaria inferiore è una tra le più qualificanti e che fornisce le conoscenze e le basi migliori) e ora qualcuno (senza fare nomi che tanto è EVIDENTE) lo sta portando alla rovina, alla derisione e alla ridicolaggine.
Leggete, leggete e indignatevi come me.

Ecco come in Italia si risolvono i problemi, attraverso il riciclo delle professioni e le politiche di ricatto! O ricicli la tua professione o sei licenziato!! Pazzesco, ma vero! E’ quanto sta accadendo agli insegnanti in esubero, cioè a tutti quei docenti che rischiano di perdere il posto a causa degli innumerevoli tagli fatti in questi anni dal Ministero dell’Istruzione! Non si tratta di insegnanti precari, ma di docenti di ruolo che esercitano la professione da quindici, venti o talvolta da addirittura trent’anni e che se non vengono ricollocati entro due anni, perdono il posto! Allora come si risolve il problema?? Invece di ridurre i tagli o di mettere in atto strategie alternative, questi docenti sono “costretti” a “convertirsi” su sostegno altrimenti non verranno ricollocati. I “perdenti posto” lavorano su posto comune da sempre, non sono abilitati per le attività di sostegno, eppure, vittime di un così vile ricatto, sono obbligati a svolgere una professione che non gli appartiene. Essere insegnanti di sostegno significa lavorare con bambini disabili, alunni con patologie gravi come l’autismo, il disturbo dell’umore, il RM o altro, quindi, non sono ammesse improvvisazioni! Per diventare insegnanti di sostegno è attualmente è previsto il superamento dei test di ammissione alla Facoltà di Scienze della Formazione Primaria, 44 esami, laboratori e un percorso parallelo e specifico per le attività di sostegno con tirocini, tesi, esami e laboratori teorico-pratici. Invece I docenti in esubero dovrebbero seguire un corso di 400 ore di cui la metà on-line per poter ricoprire in questo modo i posti di sostegno vacanti. Al di là del fatto che i docenti “riconvertiti” andrebbero a superare nelle graduatorie chi ha scelto l’insegnamento di sostegno e si è abilitato per farlo, non dobbiamo dimenticare che se un insegnante non sa dove mettere le mani a pagarne le conseguenze sono i bambini. Se per esempio un alunno autolesionista affetto da disturbo oppositivo provocatorio si sbatte ripetutamente la testa sul muro e l’insegnante incompetente gli ordina di smetterla, sapete che succede?? Che quel bambino si spaccherà la testa perché ha bisogno dell’opposizione, il suo obiettivo è proprio quello! Ma se un insegnante non ha idea di cosa sia quel disturbo, se non è un mestiere che gli appartiene, allora perché metterlo nelle condizioni di rovinare la vita dei bambini, oltre che le carriere dei “veri” docenti di sostegno?
In tutto questo gli insegnanti di sostegno abilitati sono fuori dalle graduatorie perché la Gelmini ha blindato anni fa le graduatorie ad esaurimento (G.a.E.) senza proporre una valida alternativa a chi ha studiato una vita per fare il maestro. Grazie al Milleproroghe approvato recentemente dal Parlamento questi docenti saranno messi “in coda” alle graduatorie, cioè dopo chi è in possesso dei medesimi titoli e quindi,paradossalmente, in una posizione di netto svantaggio,. Quindi, i docenti abilitati sono a casa, mentre quelli che non vogliono esserlo dovranno necessariamente ricoprire le cattedre di sostegno altrimenti verranno licenziati. Questa è l’Italia, il paese in cui tutto va al contrario e in nel quale a farne le spese sono sempre i più deboli, come i disabili.

 FONTE dell'ARTICOLO : http://www.informarexresistere.fr/2012/05/27/il-riciclaggio-delle-professioni/#ixzz1w3uIOXU9

giovedì 17 maggio 2012

Gli insegnati e i bambini come un dolce ... L'imprevisto è l'ingrediente fondamentale!


"Una sintesi per definire il bravo docente è contenuta nell’aforisma di Ralph Waldo Emerson “Un educatore è un uomo che rende facili le cose difficili “. In tale aforisma si può interpretare che i bravi insegnanti devono essere in grado di indirizzare le loro energie su questioni fondamentali, quelle che fanno la vera differenza per i loro studenti.

Per essere un bravo insegnante non basta l’amore per la propria professione, ma a questo va aggiunto l’impegno, affinché tale carica interiore vada sostenuta e perfezionata con  rigore, studio e coinvolgimento personale, qualificandosi nel pieno possesso di modalità operative e conoscitive.
Il docente professionalmente qualificato deve possedere un elevato livello di competenza pedagogica,  come risultato di una dosata  combinazione fra conoscenze teoriche ed attività operative. Una combinazione capace di includere quella giusta riflessività che permetta di costruire  l’azione educativa. In poche parole possiamo sintetizzare quanto detto con un aforisma di Ralph Waldo Emerson “Un educatore è un uomo che rende facili le cose difficili“. 
In tale aforisma si può interpretare che i bravi insegnanti devono essere in grado di indirizzare le loro energie su questioni fondamentali, quelle che fanno la vera differenza per i loro studenti. I bravi insegnanti devono saper  guidare e motivare i propri alunni, stabilendo in modo chiaro gli obiettivi di apprendimento all'inizio della lezione, facendo il riepilogo alla fine, e dando istruzioni chiare per i compiti a casa. 
I bravi insegnanti devono far capire agli alunni come la lezione si inserisca all’interno del  programma complessivo, fornendogli il relativo feedback sulla loro progressione di apprendimento. 
I bravi insegnanti devono essere flessibili in classe e fuori. I bravi insegnanti devono essere aperti alle innovazioni tecnologie applicate alla didattica e saper risolvere i nuovi problemi  per far fronte alle diverse situazioni. 
I bravi insegnanti devono dire con chiarezza ciò che si aspettano in termini di comportamento e di rendimento, facendo  un contratto con gli alunni, in cui stabilire chiari confini per ciò che è ammesso. I bravi insegnanti devono saper fare lavoro di squadra nelle attività progettuali. 
I bravi insegnanti devono sapersi organizzare, attraverso una dialettica costruttiva e propositiva, quando non si trovano d’accordo con logiche selettive errate, irregolari e poco trasparenti, come quelle subite nella prova preselettiva dell’ultimo concorso per dirigenti scolastici, progettata e gestita da chi, probabilmente, non conosceva a fondo la qualità comunicativa e la professionalità didattico-organizzativa del bravo insegnante."

Articolo tratto da la rivista la tecnica della scuola sul docente mediatore del processi di apprendimento. 


I bravi insegnanti devono di qua, i bravi insegnanti devono di la, i bravi insegnanti devono per giù, i bravi insegnanti devono per su ...  Ma noooooo!!!
Allora, sono straconvinta che tutto quello che afferma l'articolo sopra citato sia vero e sacrosanto, ma devo ammettere che leggendolo... incappare in tutti quei "devono" mi ha un po' irritato!
Non credo esista la ricetta per un buon insegnante tanto particolareggiata, perché i bambini non sono tutti uguali!! ( per fortuna!!!)  Esistono buone prassi, esistono insegnanti più attenti di altri o semplicemente insegnanti che hanno avuto l'intuizione più adatta per quella data situazione, ma la ricetta per un buon insegnante no! 
Se dovessimo paragonare una classe ad una torta, i bambini sarebbero gli elementi variabili che rendono buona o "cattiva" (passatemi il termine) una torta... sarebbero l'umidità, sarebbero il gesto dolce e delicato della mescolanza, la reazione del lievito, la giusta maturazione di un frutto, la buona lavorazione della farina, la reazione del cioccolato.. insomma... elementi  incontrollabili ma determinanti per la buona riuscita del dolce...
L'insegnante invece è la maestria della scelta degli ingredienti migliori, l'amore nella preparazione, il gesto sicuro, fermo e adatto per la preparazione, la conoscenza di varie eventualità che possono accadere, la ricerca della ricetta, il controllo accurato del tempo di cottura e l'occhio esperto che riconosce quando il dolce è pronto... anche questi elementi progettabili, pianificabili,  ma che non assicurano da soli la buona riuscita della torta!

Insomma, quelli citati nell'articolo sono ottimi consigli, buone prassi... ma quei "devono" secondo me stonano... Non si deve... si fa, si ascolta, si riconosce il bisogno e l'umanità che si hanno davanti e si agisce di conseguenza :) Non tutte le buone prassi sono opportune in tutti i casi... variano.. come l'umidità per la lievitazione... varia... :)

Non vorrei che passasse l'idea che non condivido quanto scritto nella rivista... giammai! Sono tutti ottimi consigli e caratteristiche un buon insegnante si prende la responsibilità di attuare, ma non sono un dovere ...
Perchè credo che fare l'insegnante prima di tutto sia un piacere, una passione... già di Obblighi nella scuola ce ne sono tanti - troppi - e non serve immeterne di nuovi ... è bello essere originali, creativi, duttili, malleabili e adatti ad ogni situazione, ad ogni bambino ... insomma... insegnanti :) Nulla più :)


Anche Montale nella sua poesia "Prima del viaggio" lo diceva "...un imprevisto è la sola speranza!"



…..E ora che ne sarà 
del mio viaggio? 
Troppo accuratamente l’ho studiato
senza saperne nulla. Un imprevisto
è la sola speranza. Ma mi dicono
ch’è una stoltezza dirselo.

Eugenio Montale, Satura, 1962-1970

martedì 15 maggio 2012

La scelta di essere un'insegnante di sostegno. Ci vuole passione, non riconversione!!

Siccome condivido pienamente, ho deciso di divulgare questa lettera.
Io sostengo "La motivazione di chi ci crede veramente. Di chi fa questo lavoro per scelta e con una forte motivazione. Non di chi, in qualche modo, è costretto a farlo per non perdere il proprio posto di lavoro."
Ripensiamoci fin che siamo in tempo!!
Il nostro è un lavoro che va fatto con passione, amore e con le giuste motivazioni... non certo per portare a casa lo stipendio a fine mese... ( visto anche quanto è misero!)
Con questo non voglio togliere nulla a qualsiasi altro tipo di mestiere, anzi!! Tutto andrebbe fatto con passione e amore... Ma io credo che quando ci sono in gioco dei bambini, e a maggior ragione dei bambini con bisogni educativi  speciali... non è possibile giocare in questo modo alla riconversione !!
Non tutti sono portati a fare gli insegnanti di sostegno!! Non è facile!!! Se le persone non hanno scelto questo mestiere ci sarà un motivo!!! NO? Come io credo di non essere per niente portata a fare il medico,( non ho lo stomaco forte, lo ammetto :P ) credo anche che non tutti siano adatti per aiutare questi bambini!
E allora perchè riconvertire in questo ruolo persone che non avevano intenzione di fare questo nella vita? O che non si sentono adeguati? Essere insegnante di classe ed insegnante di sostegno non è la stessa cosa!!! Il nostro è un lavoro per il quale ci vogliono competenze, passione, sensibilità, elasticità mentale e non solo!  Competenze ugualmente importanti ma differenti da quelle di un'insegnante di classe ( se no perchè farebbero i corsi di specializzazione?? ) Riconverti a questa bellissima professione persone che non si sarebbero mai sognate di avere a che fare con i BES  è svalutare un mestiere,a mio parare......cos'è? E' un lavoro di una semplicità tale che tutti lo possono fare? Non credo! Ci vuole passione! E questa può nascere .. è vero... ma non in tutti... io credo che bisogna essere portati per fare questo... e  che bisogna scegliere di essere un insegnante di sostegno, non essere scelti. Cosi come in tante altre professioni...


Lettera al Direttore Generale del MIUR

di Carlo Scataglini


Al dott. Luciano Chiappetta
Direttore Generale del MIUR


Gent.mo Direttore Generale,
Le scrivo in merito al Decreto Direttoriale n. 7, quello del 16 aprile, che porta la sua firma. Niente di personale, è solo che il clamore suscitato dalla decisione di riconvertire e utilizzare su posti di sostegno i docenti in esubero non mi ha lasciato di certo indifferente.
Da oltre vent’anni faccio l’insegnante di sostegno nella scuola media. A partire da un corso polivalente che ho frequentato a L’Aquila nel biennio 1988-90. Con lezioni in presenza, tutti i pomeriggi e con l’obbligo di frequenza, di ritorno da Roma dove facevo il supplente annuale di educazione fisica. Con laboratori e tirocinio diretto, con esami veri, con tesine di tirocinio indiretto e tesi finale sperimentale. Con docenti di corso preparati e competenti e colleghi appassionati che come me, a distanza di tanti anni, fanno ancora gli insegnanti di sostegno.
Fui fortunato, allora, per due ragioni. Perché dopo il corso di specializzazione entrai subito in ruolo e perché quel corso risultò realmente efficace, almeno come formazione iniziale.
Sì, perché di formazione iniziale si tratta, solo di quella. Il resto è tutto da costruire, dopo. Ogni anno scolastico è diverso, ogni scuola è diversa, ogni classe è diversa, ogni alunno è profondamente diverso. Non è sufficiente avere l’opportunità di lavorare in una classe in cui c’è un ragazzino Down per sentirsi a posto e pensare di avere imparato tutto sulla sindrome di Down. L’anno dopo, magari, si possono scoprire cose completamente diverse in una situazione che può apparire simile.
Ecco perché la formazione iniziale è solo un punto di partenza. Il resto, tutto il resto, si costruisce giorno per giorno, con fatica, studio, passione, entusiasmo.
Questa è la ragione per la quale Le scrivo, signor Direttore Generale. Non intendo discutere la serietà dei corsi di riconversione che, con il Decreto da Lei firmato, prepareranno dei docenti soprannumerari a svolgere il mestiere di insegnante di sostegno. Non intendo entrare nel merito del numero di ore, di crediti, di laboratori, di tirocini diretti o indiretti. Non intendo nemmeno, e qui in verità faccio un po’ più di fatica ad astenermi, commentare la decisione di far partire “l’operazione” con  la massima urgenza e prevedere l’utilizzazione dei soprannumerari “riconvertiti” già dal primo settembre prossimo, dopo lo svolgimento di uno solo dei tre moduli previsti. L’unica cosa che mi preme dirLe (mi scuserà se mi ripeto!) è che il mestiere di insegnante di sostegno si costruisce giorno per giorno e solo con una forte motivazione. La  motivazione di chi ci crede veramente. Di chi, magari, da anni prende una nomina annuale e fa l’abbonamento del treno o prende una casa in affitto per andare a “insegnare sostegno” lontano da casa. Di chi, comunque, fa questo lavoro per scelta e con una forte motivazione. Non di chi, in qualche modo, è costretto a farlo per non perdere il proprio posto di lavoro.
Tante volte mi è capitato di fare il docente nei corsi di formazione per insegnanti di sostegno. Sia in quelli universitari che in quelli organizzati dai provveditorati agli studi o da altri enti. È stata per me sempre un’esperienza entusiasmante. Ma questa volta - anche nell’irrealistica ipotesi in cui potessi e volessi candidarmi all’insegnamento nei corsi istituiti con il Decreto Direttoriale n. 7 – non credo sarebbe così . Quale contributo potrei dare? Quali motivazioni potrei trovare? Dove troverei gli stimoli giusti per condividere esperienze, competenze ed emozioni? 
Sa, signor Direttore, ho sempre iniziato i miei corsi incollando un grande cartellone bianco su una parete dell’aula e invitando i corsisti a scrivere liberamente i motivi per cui intendevano iniziare un’avventura così difficile e interessante. Perché volevano misurarsi con un lavoro così duro e affascinante. Quali fossero le loro motivazioni. Quali le loro aspettative. Stavolta, nei corsi di riconversione per docenti soprannumerari, lo dico in tutta sincerità, mi sentirei in imbarazzo a chiederlo.
Per questo, anche se so già che ho poche speranze, La invito a ripensarci. A fermare “l’operazione”, a sospenderla, a rinviarla, a studiarla meglio.
Sono sicuro che anche Lei si rende conto di quali effetti può avere l’utilizzazione di docenti in esubero su posti di sostegno. Non solo sulla questione occupazionale legata ai precari, di cui si sta tanto parlando (com’è giusto che sia, d’altra parte), ma proprio, più in generale, su tutto il sistema-sostegno e sulla stessa qualità dell’integrazione scolastica.
Il sostegno è un caos calmo. È il titolo del mio libro che esce in questi giorni. Il sostegno  è un caos calmo, sicuramente, ma è una cosa seria: è un principio fondamentale che rende migliore la scuola. Fare sostegno vuol dire andare avanti tutti insieme verso una meta comune. È un po’ quello che succede nel rugby. Da ex giocatore di rugby, uso spesso questa metafora e chi conosce bene questo sport sa che il “fare sostegno” ne è il principio base. E sa che è solo una forte motivazione a spingere ciascuno a dare il massimo per arrivare alla meta insieme agli altri. La motivazione, purtroppo, non si può dare per decreto, né attraverso un corso più o meno efficace. La motivazione deriva solo da una scelta. Una scelta personale, convinta e soprattutto libera. La scelta di fare sostegno, nella scuola pubblica, cercando di lavorare bene in vista dell’integrazione di tutti gli alunni e  della crescita di tutto il sistema scolastico.
Questo, in realtà, è il lavoro dell’insegnante di sostegno. Quello che viene fuori dal decreto n. 7 è qualcosa di profondamente diverso. E di decisamente preoccupante.

Nella speranza che “l’operazione” possa essere fermata in tempo,

La saluto cordialmente


Carlo Scataglini

venerdì 11 maggio 2012

I verbi in rima




Le bandiere tutte al vento per il grande  avvenimento
viene il VERBO il regnante, nel discorso il più importante!
Cos’è il verbo? E’ un’azione sia di cose che di persone,
per esempio io posso amare, posso scrivere e giocare
e tu puoi sentire e bere, puoi studiare, puoi cadere
e la rosa può fiorire, può odorare, può appassire;
Attento! Un verbo può finire solo in are, ere o ire,
son le tre terminazioni dette tre coniugazioni.
E’ la prima quella in are, come andare, stare, entrare,
la seconda è quella in ere, come credere e vedere,
poi la terza è quella in ire, come offrire uscire e dire.
Pur nel verbo puoi notare il plurale e il singolare;
quando è fatta qualche azione da più cose o più persone
certo allora è naturale che quel verbo sia plurale!
Per esempio gli astri brillano, noi cantiamo, i bimbi strillano,
ma se invece è sola sola, quel che canta, brilla, vola,
una ed una solamente, quel che sboccia, strilla, sente.
Ecco allor non puoi sbagliare, con i verbi al singolare
perchè il verbo, insomma è detto, che si accorda col soggetto.
Giunto è il tempo di imparare tutti i verbi a coniugare
prima l’essere e l’avere a puntin dovrai sapere!
Quindi i verbi regolari e poi quelli irregolari…
un po’ strano questo verbo, è davvero un re superbo!
Or si mostra transitivo, or lo vedi intransitivo,
or lo trovi regolare, ora invece è irregolare,
ora è attivo, ora è passivo, spesso spesso è riflessivo
e talvolta è impersonale, che regnante originale!!!
Ed aggiungo che ha tre troni per le tre coniugazioni
cinque modi ha per mangiare, molti tempi per ballare
tre persone per suonare e due numeri a cantare
tutta questa gran famiglia il cervello mi scompiglia!
Che vuol dire transitare? Transitar vuol dir passare
ci son verbi transitivi, ci son verbi intransitivi
riconoscerli dobbiamo, e dai primi cominciamo!
Transitivo un vetro pare, che la luce fa passare,
fa passare ogni azione, quelle tristi e quelle buone,
e l’azione del soggetto arriva al complemento oggetto!
Transitivi son mangiare, bere, cogliere, aspettare
bevo l’acqua, mangio un panino, colgo un gioire, aspetto Gino!
Qui la cosa è un po’ curiosa, se domando chi? Che cosa?
e risposta mi darà, transitivo allor sarà.
Ecco il modo sbrigativo, per trovare il transitivo!
Meglio il verbo INTRANSITIVO, ciò che fa, buono o cattivo,
sol per lui se lo mantiene, di passarlo se ne astiene!
Non è vetro, nè cristallo, ma una lastra di metallo
che non fa giammai passare, ogni luce che vi appare!
Senza il complemento oggetto, qui l’azione ricade sul soggetto!
Sono verbi intransitivi essi andarono, tu arrivi
io cammino, noi entriamo, ci fermiamo e riposiamo.
Ecco il verbo: ha forma attiva? oppure forma passiva?
Per spiegarlo stamattina, entro un po’ nella cucina:
“mamma cuoce un buon cappone”, chi la fa la bella azione?
La fa mamma, che è il soggetto, la riceve poveretto
quel cappone non più vivo. Ecco cuoce è un verbo attivo.
Ma se dico, un po’ mutato:”il cappone è cucinato”
qui il soggetto è quel cappone, che riceve lui l’azione
ed il verbo è cucinato, in passivo s’è mutato.
All’attivo ed al passivo segue il verbo riflessivo
questo verbo è un po’ burlone: il soggetto fa l’azione
ed il verbo per diletto, la riflette sul soggetto,
ma l’azione, in verità, così torna a chi la fa!!
Riflessivi sono coprirsi, annoiarsi, divertirsi
nota bene, i verbi qui, voglion mi, ti, ci, vi, si.
L’ausiliare poi deve essere, sempre sempre l’essere!!!
per esempio io mi diverto, ti sei alzato, si è coperto
noi ci amiamo, voi vi alzate, esse si erano stancate.
Ecco prendo uno specchietto, contro il sole poi lo metto;
lo specchietto cosa fa? Lo riflette or qua or là…
guarda il sol come riluce, dove il gioco lo conduce
spesso il verbo è uno  specchietto, che riflette sul soggetto.
Allegria! Ora si pranza, ogni MODO una pietanza!
Cinque i modi e cinque piatti, ben sarete soddisfatti,
se con calma mangerete, meglio i modi gusterete!!
Primo piatto INDICATIVO, segue poi l’IMPERATIVO.
CONGIUNTIVO è una portata, un po’ dura, un po’ salata,
ma è seguita, meno male, da quel buon CONDIZIONALE
e poi ecco l’INFINITO, che è quel dolce ben guarnito
con GERUNDIO al cioccolato, PARTICIPIO zuccherato
così il pranzo è terminato, ed i modi tu hai imparato!
Or del verbo senti quali, sono i modi principali:
quando dico “Mangio adesso”, il presente viene espresso,
ma se dico io ho mangiato, questo è un tempo già passato,
per futuro poi dirò, che domani mangerò!
Ora spiego e metto a posto, tempo semplice e composto
quando è semplice ha una sola, voce, unica parola:
andavo, leggerò, studierebbe, lavorò.
Questi tempi ora ti detto: il presente e l’imperfetto
il futuro e quel passato, che remoto è nominato.
Per i composti è necessario, che intervenga l’ausiliario:
due parole allora avrai, e un composto formerai!
Per esempio sono uscito, ero entrato, avrei gradito
ai composti van segnati, e passati e i trapassati.
Ecco in essere e in avere, gli ausiliari puoi vedere
essi debbono aiutare, gli altri verbi a coniugare
questo ausilio è a loro imposto, quando un tempo vien composto
qualche verbo ora ti dico, che dell’essere è un amico
stare andare entrare uscire, cader scendere salire
così scrivi essere andato, ero sceso, sarei stato.
Altri verbi invece,direi tanti, sempre avere hanno davanti
dici quindi: io ho bevuto, hai pranzato, avrà creduto
aver detto, avere udito, hanno scritto, avrei capito.
Ecco qui le tre persone, che del verbo fan l’azione!
Tante sono proprio come le persone del pronome
con cui vivono a braccetto, nell’accordo più perfetto!
La prima vuoi trovarla? E’ colei la quale parla.
Son di prima: io dico, io chiamo, noi verremo, noi scriviamo.
La seconda per trovarla, guarda a quello a cui si parla.
Di seconda son: voi siete, tu comprendi, voi saprete.
La terza puoi trovarla, in colei di cui si parla.
Son di terza: egli obbedì, essi vanno, il babbo uscì.
Negli esempi son ben chiari, i plurali e i singolari.
Questo verbo impersonale, proprio agli altri non è uguale:
è un gran povero padrone, perchè ha solo due persone!
Lo puoi solo coniugare con la terza singolare!!
Questi verbi son tuonare, grandinare, nevicare
e poi piovere, albeggiare, fioccare e balenare!
Così dici pioverà, albeggiava, fioccherà
ed aggiungi pur tuonò, grandinava, nevicò!

I pronomi in rima




Se il maestro è un giorno assente, vi fa scuola il buon supplente
nel discorso pure il nome, ha il supplente ed è il PRONOME!
Quando il nome sparisce, il pronome lo supplisce,
e si dice che il pronome, fa le veci del suo nome!
Adesso del nome, state attenti, vi dirò tutti i supplenti,
vi dirò tutti i pronomi, che le veci fan dei nomi.

I PRONOMI PERSONALI certo sono i principali,
hanno infatti la missione di supplire le persone!
Essi vengono studiati in tre gruppi separati,
son divisi in tre persone per non fare confusione:
son di prima l’io e il noi, di seconda il tu e il voi
son di terza gli e coloro, lui e lei, ed essi e loro.
Si aggiungono altresì lo, la, le e gli li
che pronomi sono anch’essi, quando a un verbo sono premessi
per esempio io lo richiamo, tu le scrivi, noi gli diamo.

Ci son certe PARTICELLE che ci paiono gemelle
piccoline, quasi uguali, dette son PRONOMINALI.
Te le mosto, eccole qui, sono mi ti si ci vi
e poi me te se ce ve, con l’aggiunta pur di un ne.
Adesso le uso: mi piace, ti saluto, mi dispiace
vieni a me, io corro a te, tu ne parli, pensa a sè.

Or vedete qui riuniti i PRONOMI INDEFINITI
hanno questi la missione d’indicar cose e persone
in maniera imprecisata, vaga ed indeterminata.
Essi sono: altri, ciascuno, niente, chiunque, qualcheduno
chicchessia, nulla ,tanto, nessuno, tutti e alquanto
bada, veh, che son pronomi, se non hanno accanto i nomi
altrimenti tu li scrivi, come sai , tra gli aggettivi!!

Senti un po’, senti una cosa, veramente assai curiosa
tu ricordi gli aggettivi, quelli detti DIMOSTRATIVI?
Essi possono mutare e PRONOMI diventare,
a spiegarlo si fa presto, ecco qua prendiamo questo:
se c’è un nome a lui vicino, per esempio “questo tino”
questo allora è un aggettivo, propriamente dimostrativo.
Ma se dico solamente “questo è cotto” e poi più niente
senza dir che cosa è cotto, se l’arrosto o se il risotto,
questo allora tu lo scrivi, tra i pronomi dimostrativi
perché qui fa da supplente, ad un qualche nome assente!


Dei pronomi nel finale, or presento che e il quale
posso aggiungere altresì, anche cui ed anche chi!
Questi quattro ultimi arrivi, sono detti RELATIVI
Che come pronome sempre vale, come se dicessi il quale
negli esempi qui segnati, or li vedi adoperati:
“questo è un libro che diletta”, “c’è lo zio il quale aspetta”
“dico solo a chi è segreto”, “la ragion per cui son lieto”.
Attenzione poi perchè, questo, chi, quale, e che,
tu li puoi adoperare, quando devi interrogare;
ecco allor da relativi, passan a INTERROGATIVI!!
Per esempio: che succede? Quale scegli? Chi mi vede?
E così, Dio sia lodato, il pronome è terminato.


Le preposizioni in rima




Viene adesso quel donnone, di comar PREPOSIZIONE
è una brava mercantessa, invariabile pur essa.
Quando è semplice ci porta regalucci nella sporta!
Sono nove parolin: di a da con su per in
fra e tra e nulla più, accontentarsi è gran virtù!
Or vogliamo adoperare, i regali di comare:
cuor di mamma, per la via, vien da casa, con la zia,
in silenzio, ho da parlare, vado a letto, a riposare
ma quest’A, stai ben attento, non ha l’ACCA nè l’accento.
Ma purtroppo quando ha voglia, la comare poi ci imbroglia
non per niente ho detto ch’essa, è una brava mercantessa!
Le sue piccole parole, han paura a stare sole
così spesso le trovate, agli articoli abbinate:
di con la ci danno della, in e la producon nella,
a con lo compongon allo, da con lo ci forma dallo,
comprendete come questi, son dei veri e propri innesti:
matrimoni belli e buoni, che ci dan preposizioni
quelle dette ARTICOLATE, che van tutte ben studiate.

l'aggettivo in rima



L’AGGETTIVO è un arlecchino rosso, verde, blu, turchino,
esso al nome sempre dà una spiccata qualità;
certo il nome non modifica, sol gli dona una qualifica:
se ti dicono educato, sei così qualificato!
Babbo è serio ed operoso, bello è il giglio ed odoroso
quei monelli son cattivi, guarda un po’ quanti aggettivi!!
Se per poco tu ci provi, scolarello quanti ne trovi?
Del maestro quali sono gli aggettivi? Bravo, buono!
Della scuola di’ qualcosa, ora allegra ora noiosa.
L’aggettivo che qualifica, può subir qualche modifica
che di GRADO può passare, come fosse un militare!
Primo grado è il positivo: buono, bello, aspro, cattivo;
ecco esprime questo qua  solamente qualità,
senza forme accrescitive e neppur diminutive.
Altro grado d’aggettivo detto è poi COMPARATIVO
perché fa comparazione sia tra cose che persone
primo è quel di MAGGIORANZA: sei più brava di Costanza,
poi c’è quel di MINORANZA: sei meno alta di Speranza,
d’UGUAGLIANZA infin ti dico: sei alto tanto quanto Enrico,
così buona come Gemma, tanto vispa quanto Emma!
Se hai capito ora mi scrivi questi tre comparativi?
Ed io scrivo: “Di Peppo son più alto, son più secco
ma in compenso son di Rocco meno grullo e meno sciocco,
poi son tanto birichino, quanto Mario e quanto Gino,
così ho fatto maggioranza, minoranza ed uguaglianza”.
Or passiamo al grado altissimo, come dir generalissimo
ecco qui il SUPERLATIVO, che è assoluto e relativo
l’ASSOLUTO è facilissimo, basta aggiunger solo un –issimo,
da cara vien carissima, da bella divien bellissima.
L’altro poi superlativo, quello detto RELATIVO
io lo formo in un baleno, premettendo il più o il meno;
così dico il più curioso, il meno alto, il più noioso
dice Mimmo, un frugolino, della classe il più piccino:
“Sulla sedia faccio un salto, e di tutti son più alto
ora tutti vi sorpasso e vi guardo d’alto in basso!”
Quanti grandi che tu vedi, han la sedia sotto i piedi!!
Gli aggettivi POSSESSIVI, in nessun modo tu li schivi!
Stai attento, io te li mostro: mio tuo suo e nostro e vostro
poi c’è loro e niente più, su ripetili ora tu!
Tutti questi son maschili, ci son poi i femminili
e ciascuno, è naturale, è fornito di plurale,
nello scritto che farai,  tutti tu li segnerai!
Ma un esempio è ben ch’io dica, per ridurti la fatica:
il mio libro, i miei strumenti, la mia zia, le mie parenti,
la nostra arte, i nostri cuori, le nostre ansie, i vostri errori
poi c’è loro, ch’è invariabile, così dico il loro stabile,
come dico i loro figli, le loro armi, i loro artigli.
Salutiamo i nuovi arrivi, gli aggettivi DIMOSTRATIVI
Ora di essi io fo appello: questo c’è, codesto e quello,
ci son pure stesso, tale, medesimo, altro, quale.
Questa è cosa accanto a me e codesta accanto a te
quella cosa in verità, da noi due lontana sta.
Ora giungono graditi gli aggettivi INDEFINITI
essi esprimono si sa, una incerta qualità
e per questo son chiamati altresì indeterminati
poco, tanto, altro, ciascuno, molto, troppo, ogni, nessuno,
qualche, alcuno, tutto, alquanto, parecchio
ed altrettanto
ce ne son degli altri ancora, ma fermiamoci per ora.
Nella scuola quanti siamo? Per saperlo ci contiamo
un due tre… sei sette otto…, diciassette poi diciotto
due alunni sono assenti, in totale siamo venti
ecco i numeri segnati, aggettivi son chiamati
AGGETTIVI NUMERALI ed aggiungi CARDINALI.
Ordinato è il buon Teodoro, nelle cose e nel lavoro
un alunno sì ordinato, studia meglio ed è lodato.
La sorella sua Simona, è il disordine in persona
e il disordine bel bello, passa pure al suo cervello.
Le famiglie, le scuole e gli stati, voglion essere ordinati
e c’è un modo non banale, usa l’AGGETTIVO ORDINALE.
Claudio è il primo della fila, tiene in mano lui la pila,
il secondo è poi Pierino, Carlo il terzo, quarto Gino,
Leo il quinto e poi Ernesto, se non sbaglio, è proprio sesto,
ma chi è l’ultimo lo so, quel simpatico Totò.

 

Articoli in rima!



Gli articoli
Oh, gli ARTICOLI: le belle e operose particelle;
quando ai nomi le premetti sono come i chirichetti
ed i nomi accompagnati meglio son determinati!
Vuoi vederli? Eccoli qua! Singolare: IL, LO e LA,
ve ne sono poi altri tre, al plurale: I, GLI e LE
scrivi quindi il professore, la fontana, lo scultore
e al plurale i professori, le fontane, gli scultori!
Ecco qua sei scolaretti pronti a fare i chirichetti
per poter un po’ giocare e gli articoli imparare
or cantate intorno a me: il, lo, la, i, gli, le.

La è articolo gentile, per il nome femminile
e sbagliare non puoi mai, altro articolo non hai
che a tal genere conviene, perciò LA va sempre bene!
Metti LE poi al plurale, la cicala, le cicale.
Per maschili hai IL e LO, ora di essi ti dirò
qual dovrai adoperare, senza paura di sbagliare:
quando il nome ha l’iniziale ESSE impura o una vocale
o se ZETA ci vedrai, sempre LO tu metterai
per esempio lo zampino, l’orologio, lo stanzino
al plurale  GLI zampini, gli orologi, gli stanzini.
Se poi vedi l’iniziale consonante e non vocale
metti un IL bello e pulito, ed il nome è ben servito!
Così scrivi il canarino, il pavone ed il tacchino,
al plurale i canarini, i pavoni ed i tacchini!
Se lo zero non dirai, certamente zero avrai,
dice Andrea: “Voglio provare che adesso li so usare:
l’ortolano, lo studente, lo scolaro ed il serpente,
lo zucchero e lo spillo, il leone e il coccodrillo
poi lo zio ed ho finito, vedi ben che l’ho capito”.

Altri articoli son questi, ma più semplici e modesti
UN ed UNO son maschili, UNA è sol per il femminile.
Tre soltanto, meno male, e neppure hanno il plurale
or li adopero: uno sciocco, una stella ed un balocco.
“Un balocco!” esclama Puccio “Quale quale, un cavalluccio?
Uno schioppo? Un organino? Un pallone? Un bel teatrino?
Preferisco una trombetta e una bella bicicletta”
“Io vorrei” dice Giancarla “una bambola che parla!”


Il nome tra le rime


Nel teatrino illuminato, il sipario già s’è alzato.
Or vedrai venire fuori, sulla scena nove attori.
Del Discorso son le Parti, che mi piace di mostrarti.
Ecco il NOME, il buon curato, che battezza ogni neonato.
Gli è accanto un chirichetto, che ARTICOLO vien detto.
Gli si pone ora vicino l’AGGETTIVO, un arlecchino.
Entra un paggio vellutato, che PRONOME è nominato.
Ecco il VERBO, il gran regnante, del discorso il più importante.
Queste parti presentate, son VARIABILI chiamate.
Altre quatto ora verranno, e INVARIABILI saranno.
Entra prima quel donnone di comar PREPOSIZIONE.
Poi l’AVVERBIO, passo a passo, sempre uguale, grasso e basso.
CONGIUNZIONE è una damina seria e niente chiacchierina.
Viene infin col suo bastone quella vecchia INTERIEZIONE.
Nove parti e non di più e il sipario scende giù.
“Bello, bello! Bene, bene!” gridan tutti a voci piene.
“Bravo, bravo! Per piacere, ce li fate rivedere?



Il nome
Ogni cosa che vediamo con un NOME la chiamiamo.
Le persone, le cose e gli animali hann tutti nomi particolari, senza eguali!

Città, fiumi, monti, stati, son dai nomi indicati.
Molti nomi conosciamo, or tanti altri ne impariamo.
E nei lor significati, ti saranno ben spiegati.
Perchè conoscere per bene ogni cosa ti conviene.
E’ pertanto necessario, proprio un buon vocabolario,
dove i nomi son segnati, con i lor significati.
Con la nascita si pone il NOME PROPRIO alle persone
e di nomi ce ne son tanti, quanti son le sante e i santi
Carlo, Marta, Anna, Maria, Pietro, Alberto, Ida, Lucia
le città, i monti e i mari, nomi propri hanno pari
se tu guardi la cartina, già ne trovi una ventina:
Roma, Napoli, Torino, Alpi, Tevere, Appennino
nome proprio è Italia mia, il più bello che ci sia!
Gabbia, uccello, sedia, pruni, questi NOMI son COMUNI
sono i nomi delle cose quasi sempre numerose
sono nomi di animali, fiori, piante, minerali
perchè le cose, belle o brutte, certo un nome l’hanno tutte!
Ecco i nomi tra i più belli: mamma, babbo, zio, fratelli,
sono brutti per davvero fame, guerra, cimitero.
“Io fra i brutti” dice Lola “metto libro, studio, scuola
e tra i belli passeggiata, giochi, feste e cioccolata!”
Ora I GENERI ti canto, che son due e due soltanto
Uno è il genere maschile, l’altro è quello femminile
son maschili i nomi Gino, babbo, figlio, soldo, lino
femminili son Teresa, mamma, scuola, nonna, chiesa
faccio un gioco, dal maschile volgo i nomi al femminile
da cavallo, zio, padre, vien cavalla, zia e madre
e dall’oste vien l’ostessa, da dottore dottoressa
vien dal re la sua regina e dal gallo la gallina
ecco l’albero è maschile, ma il suo frutto è femminile
melo e pero se piantiamo, mela e pera poi mangiamo
ed il pesco dà la pesca vellutata buona e fresca.
Anche i NUMERI son due, come i corni d’un bel bue
il plurale e il singolare che dovrai ora imparare,
ma se un poco stai attento, tu li impari in un momento:
sono nomi al singolare un soldato, un libro, un mare
ma due libri, tre soldati, al plurale son passati.
Singolare sono orgoglio, ago, pesca, amico, foglio,
al plurale fanno orgogli, aghi, pesche, amici, fogli.
“Ecco qui” dice Giorgetto “singolare è un solo oggetto
se gli oggetti sono in più, il plurale spunta su!
Una pera, quattro pere, la bandiera, le bandiere
L’ho capito e con giudizio, ora faccio l’esercizio.
Pur essendo al singolare, qualche nome può indicare
molti oggetti, la riunione di animali o di persone
come popolo, pollaio, gregge, classe, formicaio
come folla, battaglione, schiera, esercito, legione
ora i nomi qui segnati, COLLETTIVI son chiamati
“Collettivi” dice Andrea “Son comizio ed assemblea
dove sono radunati furbi, sciocchi e sfaccendati”.
Bue, aratro, casa, abeti, questi nomi son CONCRETI
di materia son formati, son veduti, son toccati
é concreto il nome giglio, come stella, come figlio
se le cose le vedere, dite pur che son concrete
ma l’onore è nome ASTRATTO, di materia non è fatto
che esso esista ci si crede, ma con l’occhio non si vede
così pure la costanza non ha forma nè sostanza
nomi astratti son pietà, gloria, astuzia ed onestà
or distinguere saprete, cose astratte da concrete
Carlo, tu, sempre distratto, l’hai capito il nome astratto?
Dice Carlo un poco offeso “Credo sì di aver compreso
ciarle e sogni sono astratti e concreti sono i fatti
chè le chiacchiere col vento se ne vanno in un momento
solo i fatti, brutti o lieti, solo i fatti son concreti
sicchè dicono anche  i matti ‘Meno chiacchiere e più fatti’ “
Vanno i nomi ora spiegati, PRIMITIVI e DERIVATI
ecco, prendo il nome ulivo, questo nome è primitivo
ma uliveto è derivato, dall’ulivo è generato
e da giorno vien giornale, e da tempo temporale
da campana campanile, e da cane vien canile
“L’ho capito, l’ho capito!” tutto allegro esclama Tito
“Primitivo rassomiglia proprio a un padre di famiglia
sono i figli derivati, che han del padre i connotati
ecco il nome legno io piglio, questo padre ha più di un figlio
ha legnaia ed ha legname, legnaiolo e falegname
questi quattro derivati son dal legno ricavati”
“Ma non va dimenticata” dice Carlo “la legnata!”
Per far crescere gli animali, come pure i vegetali
certo occorrono degli anni, se non giungono malanni
ora qui, col mio talento, cresceranno in un momento
siano cose che persone, con l’aggiunta sol di un ONE
non ci credi? Vieni qua, or la prova ti si dà
prendi un gatto, aggiungi un ONE, ed ottieni un bel gattone
e da un libro hai un librone e da zucca uno zuccone
ora alcuni sentirai che son falsi e riderai
da una botte hai un bottone, poi da un monte un bel montone
dice Giorgio, quel ghiottone, “Da una torre avrò un torrone?”
No, non piace il mio arrivo, perché son DISPREGGIATIVO
sì, mi piace disprezzare, ho il poter di peggiorare
vuoi sapere come faccio? ecco, aggiungo ai nomi un accio
quando l’ho così conciato, vien da tutti disprezzato
di una carta fo cartaccia, di una casa fo casaccia
ma non credo ti dispiaccia, se di foca fai focaccia
“Certamente non dispiace” dice Anna “anzi mi piace
ma vorrei che fosse vera la focaccia e bella intera
mentre questa qui segnata sol di chiacchiera è impastata
che volete che io ne faccia, d’una simile focaccia?”
Ecco un altro gran portento! Io ti posso in un momento
ogni cosa impicciolire, ogni oggetto ingentilire
non con l’ascia o lo scalpello, ma con ino, un etto, un ello
quando al gatto attacco un ino, lo riduco a un bel gattino
se al mio libro aggiungo un etto, io ne faccio un bel libretto
a campana metto un ello, e poi suono il campanello
ci son poi diminuitivi che son falsi, son cattivi
senti questi e non m’inganno, il tuo riso desteranno
ho una pulce aggiungo un  ino, cosa ottengo? Un bel pulcino
E da un tacco? Un buon tacchino. E da un mulo? Hai un mulino.
“Matto” infine dice Nello “Matto è un nome pazzerello.
Se l’accresci con un one, hai che cosa? Un buon mattone.
Lo riduci con un ino e ne ottieni un bel mattino!”