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domenica 14 settembre 2014

Il primo giorno di scuola


Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente?
Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.
Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io? E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini.
Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.
E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete ditemelo.
Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri? Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno? Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano…
Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi.
E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite.
Per questo, un giorno, vi ricorderò.

lunedì 16 settembre 2013

. Da una mamma alle sue figlie .

Una dedica dolcissima, da una mamma alle sue bambine :)



V'insegnerò che prima dei 20 anni ci sono cose che dovete assolutamente fare e altre che vi basterà sapere.
V'insegnerò che mangiare frutta e verdura aiuta il colesterolo, ma mangiare al McDonald's aiuta lo spirito.
V'insegnerò che amare è la cosa più bella che vi possa mai capitare, ma a volte pure la più brutta.
V'insegnerò che avere un piccolo animaletto aiuta a sentirsi meno soli, ma a volte ci si sente troppo soli quando ci si accorge di avere solo lui.
V'insegnerò che dopo la morte c'è proprio quello che sperate che ci sia.
V'insegnerò che è bello sognare e fantasticare sulle storie degli altri, per migliorare le proprie.
V'insegnerò che siete perfette così come siete.
V'insegnerò che le gambe si depilano solo con la ceretta, perché quei piccoli peletti biondi, con un rasoio diventerebbero rasta neri.
V'insegnerò che siete la cosa più importante l'una dell'altra e non dovete dimenticarlo.
V'insegnerò che avere un telefilm da guardare il pomeriggio potrebbe diventare un appuntamento segreto con voi stesse.
V'insegnerò a pettinarvi e truccarvi in modo perfetto.
V'insegnerò che però siete bellissime anche senza trucco.
V'insegnerò che esistono persone buone e persone cattive, ma spesso sono anche la stessa persona.
V'insegnerò che l'alcool fa ingrassare, è meglio piuttosto una fetta di torta.
V'insegnerò a cucinare, così prima o poi mi ripagherete di tutti quei brodini che ho fatto per anni.
V'insegnerò che l'unico uomo al mondo di cui vi potrete fidare e il vostro papà.
V'insegnerò che nessuno al mondo vi amerà mai quanto vi amo io, però voi dovrete continuare a cercare l'amore ogni giorno.
V'insegnerò a non correggere i vostri piccoli difetti, ma a trovare una persona che li apprezzi e li ami.
V'insegnerò a disegnare cuori e stelle, a cantare a sotto la doccia le canzoni di Vasco, a ballare con le braccia al cielo sembrando delle pazze.
V'insegnerò a spendere tutti i soldi che avete, quando ne avete, così quando saranno finiti, avrete sempre un armadio pieno di vestiti.
V'insegnerò quello che posso, perché voi mi avete insegnato ad amare e io lo giuro non credevo che, nella mia vita, avrei mai amato così tanto.

[Selene Maggistro - Mamma]

lunedì 26 agosto 2013

. Alfabeto in poesia .


A come arcobaleno che diventa lungo come un treno
B come Biancaneve e i sette nani che giocano stringendosi le mani
C come Cenerentola e la fatina che al posto della carrozza trovano la zucchina
D come dado colorato che un bambino ha lanciato nel prato.
E come elefante intelligente che al posto della proboscide usa la mente
F come farfalla innamorata che posandosi sul fiore si è sporcata.
G come girasole alto e delicato che verso il sole si è girato.
I come ippopotamo inzaccherato che nonostante l'aspetto si è fidanzato.
L come leone inferocito che dalla gabbia per paura è fuggito.
M come mamma affettuosa che ad ogni fiore preferisce la mimosa.
N come nonna generosa alla quale voglio regalare una rosa.
O come orco incatenato che per magia è stato liberato.
P come uno strano pappagallo che al mattino ripete sempre il verso del gallo.
Q come quaderno scarabocchiato che da un bambino viene cancellato.
R come rana verdeggiante che vorrebbe tanto volare sull'aliante.
S come salmone iridescente che per magia è diventato un salvagente.
T come topolino addestrato che a fare le capriole ha imparato.
U come uccellino cinguettante che con la sua voce canta dall'altoparlante.
V come volpe furba e scattante che per salvarsi dal cacciatore è diventata ansimante.
Z come Zorro audace e coraggioso che combatte con il nemico muscoloso.

sabato 10 agosto 2013

10 agosto: San Lorenzo!


San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena de' suoi rondinini.

Ora è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
portava due bambole in dono...

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano

E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
Oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!

{X Agosto da Myricae di Giovanni Pascoli}



mercoledì 31 luglio 2013

mercoledì 24 luglio 2013

L'amore spiegato dai bambini



1. L'amore è quando esci a mangiare e dai un sacco di patatine fritte a qualcuno senza volere che l'altro le dia a te.(Gianluca, 6 anni)

2. Quando nonna aveva l'artrite e non poteva mettersi più lo smalto, nonno lo faceva per lei anche se aveva
l'artrite pure lui. Questo è l'amore. (Rebecca,
8 anni)

3. L'amore è quando la ragazza si mette il profumo, il ragazzo il dopobarba, poi escono insieme per annusarsi. (Martina, 5 anni)

4. L'amore è la prima cosa che si sente, prima che arrivi la cattiveria. (Carlo, 5 anni)

5. L'amore è quando qualcuno ti fa del male e tu sei molto arrabbiato, ma non strilli per non farlo piangere. (Susanna, 5 anni)

6. L'amore è quella cosa che ci fa sorridere quando siamo stanchi. (Tommaso, 4 anni)

7. L'amore è quando mamma fa il caffè per papà e lo assaggia prima per assicurarsi che sia buono. (Daniele, 7 anni)

8. L'amore è quando mamma dà a papà il pezzo più buono del pollo. (Elena, 5 anni)

9. L'amore è quando il mio cane mi lecca la faccia, anche se l'ho lasciato solo tutta la giornata. (Anna Maria, 4 anni)

10. Non bisogna mai dire "Ti amo" se non è vero. Ma se è vero bisogna dirlo tante volte. Le persone dimenticano. (Jessica, 8 anni)

martedì 7 maggio 2013

. la passeggiata dei numeri .

Da piccola la Adoravo!!!



La passeggiata dei numeri


Quando l'Otto a spasso va
con la dolce sua metà 
sussurra una vocina:
- Otto e quattro, guarda, guarda...
Quella non è una coppia, è una dozzina!

Eh, ce n'è della gente
maldicente.
Ma l'Otto, zitto, bada ai propri affari
e non s'arrabbia: è sempre d'umor pari...

Già, guai se si arrabbiasse,
guai se saltasse 
a destra di sua moglie:
scoppierebbe di botto
un Quarantotto.

lunedì 6 maggio 2013

.Lavorare con lentezza e semplicità.



[…] uscire dalla banalità che il desiderio di lavorare meno sia solo una cosa per ricchi o sia frutto dell’ozio e della pigrizia e che abbia come uniche conseguenze la lentezza della giustizia, il ritardo dei treni, i tempi lunghi di prenotazione di un esame clinico nelle strutture pubbliche, la scarsa produttività dei lavoratori che abusano di permessi, certificati medici e uscite giornaliere dal luogo di lavoro per lunghe pause caffè, che comprendono anche la spesa al mercato. Tutto questo per me è solo menefreghismo, non rispetto per la collettività, disimpegno verso la comunità, disprezzo per il lavoro e nulla ha in comune con quel lavorare con lentezza che dentro di me è sinonimo di lavorare con amore e giusto ritmo, in armonia con le altre persone e con l’ambiente, con quella meravigliosa alternanza tutta orientale di velocità e rallentamenti, di accelerazioni e di pause. Non so come l’avidità, l’egoismo e la sete di potere e di soldi e di successo abbiano potuto, nel tempo, ottenebrare la nostra mente al punto da farci credere che lo scopo ultimo del nostro lavorare potesse essere unicamente la ricchezza materiale o la manipolazione degli altri. In questo modo sono iniziati lo sgretolamento del tessuto sociale, la noia quotidiana (da colmare poi con eccitanti e/o comportamenti eccessivi), la lenta distruzione dell’ambiente in cui viviamo, la crisi economica ancora in atto e la totale confusione nella proposta dei rimedi per uscirne. E la cosa buffa è che, malgrado queste grandi dosi di egoismo, egocentrismo e di attenzione verso il nostro tornaconto, che coinvolge indiscriminatamente chi guadagna mille euro al mese o all’ora, siamo un grande pianeta di infelici e depressi (OMS).

(Bruno Contigiani, Lavorare con lentezza, Dalai Editore, Milano, pp. 32-33)


Saltatempo
[...] nella vita che hai davanti cerca di non pronunciare mai queste due maledette parole: “è tardi”.
(da Saltatempo di Stefano Benni)

Piccole_cose

Devi tornare ad apprezzare la semplicità. Non si può dare valore e importanza solo ai grandi eventi della vita. Bisogna sapere vedere la bellezza che c'è anche nelle piccole cose. È questo che ti fa sentire speciale, felice.
(da Onda Perfetta di Sergio Bambarén)



mercoledì 10 aprile 2013

I bambini non sono pezzi di carta ...



Negli anni '70 c'è stato un gran movimento che ha fatto sì che molti insegnanti abbiano iniziato a inserire i bambini disabili fino ad allora relegati nelle scuole speciali. Una grande rivoluzione che oggi rischia di avere delle battute d’arresto. Se è vero che hanno contribuito a questo risultato tenti studiosi e psicologi, oggi non c’è un eccesso di “specialismi”?  La diagnosi, per esempio, è sicuramente uno strumento importante, ma  alla conoscenza del bambino non dovrebbero anche contribuire saperi certamente non “scientifici”, ma ugualmente importanti, frutto dell'esperienza diretta di chi vive la situazione, della stessa persona che viene diagnosticata e dei suoi famigliari, o coetanei, o amici o insegnanti? Non dovrebbe esserci più attenzione e ascolto dei vari punti di vista senza atteggiamenti gerarchici? Ridurre alla diagnosi la diversità del bambino non condiziona anche chi è in relazione con lui?

Sembrerà che la mia risposta sia stravagante e paradossale. Mi piacerebbe immaginare la scomparsa delle diagnosi. E’ certamente paradossale che la diagnosi, che, anche per la sua etimologia, dovrebbe essere uno strumento per la conoscenza, diventi invece sovente un ostacolo alla conoscenza, che sembra un fatto per gli specialisti. Può così succedere che un insegnante che da un  paio di mesi incontra tutti i giorni, e per diverse ore ogni giorno, un bambino o una bambina, ritenga di non sapere niente perché non è ancora arrivata la diagnosi. 
Spero sia chiaro che la mia risposta è soprattutto dettata dall’uso improprio della diagnosi, diventata, nel nostro paese, un credito esigibile in “sostegni”: se c’è una diagnosi, può esserci un “sostegno”. Ritengo che la domanda contenga ciò che registro sovente nelle scuole: la diversità di chi cresce è condizionata dalla diagnosi, che “chiude” alla conoscenza diretta da parte di chi vive in relazioni quotidiane con quel/la bambino/a. Ciascuno subordina ciò che vive alla “verità” della diagnosi, anche lamentando la sua assenza, i ritardi che possono esserci. Ancora: l’uso improprio della diagnosi è collegata alla “consegna” di chi cresce con la sua diversità (che non ritengo né esclusiva né escludente) al “suo” sostegno, in un rapporto a due che appare la risposta universale. Credo, in buona compagnia, che sia necessario circoscrivere l’utilizzo e l’utilità del rapporto a due e sviluppare una didattica inclusiva che coinvolga tutto il gruppo-classe.

C’è stata in questi ultimi anni un’attenzione superficiale ma straordinariamente ampia ai “Disturbi Specifici di Apprendimento”, alle “Sindromi di Iperattività”, a cosa è dovuto questo aumento di diagnosi? Non pensa che ci sia un eccesso di “specialismi”? Non c’è un eccessivo ricorrere a farmaci? 
I farmaci sono utili se non diventano la risposta unica e permanente. Se non dormo e un farmaco mi permette di riposare e riprendere forze, ben venga il farmaco. Ma se diventa il modo permanente e unico per me di dormire e riposare, non è una buona cosa. Dico queste cose semplici, dettate anche e soprattutto dalla mia presunzione di buon senso e dall’esperienza, che non è un merito ma è dovuta all’età. L’impiego di farmaci esige un intenso rapporto con chi ne assicura lo stesso impiego. Non è così, sovente, perché sembra che la prescrizione sostituisca ogni rapporto complementare. Accade purtroppo per situazioni psichiatriche. Mancando le risorse umane, vengono impropriamente sostituite con la prescrizione. Un danno non da poco. Possibile proprio per lo specialismo che induce a credere che vi sia chi – lo specialista – conosce tutto, può tutto, ed è irraggiungibile da chi non è specialista. Si può dire che è “fuori controllo”…
Quanto ai “Disturbi Specifici di Apprendimento”, alle “Sindromi di Iperattività”, devo dire che sotto queste indicazioni vi sono situazioni molto varie, che ci fanno capire che anche le cause possono essere varie. Cercando di esprimermi con semplicità, il più delle volte è utile cercare di mettere un po’ d’ordine in vite scombinate, in cui manca un ritmo regolare di sonno e veglia. Sovente, chi sta crescendo con questo tipo di problemi, non dorme bene, e neanche mangia bene. Forse le famiglie possono essere attente a queste cose. Ad esempio: passare dal giorno attivo alla notte di riposo non bruscamente ma attenuando suoni e luci; mangiare insieme, con calma. Non sono cosa da specialismi e da specialisti. Sono praticabili da tutti, se ciascuno assume una parte di responsabilità, collaborando con chi è specialista, e non delegando. 

Non sono in questo modo anche deresponsabilizzati i genitori e gli insegnanti che tendono a delegare, invece che ad affrontare i problemi in prima persona, magari (se necessario) con l’aiuto degli specialisti?
Proprio così. Abbiamo costruito una “integrazione” che finisce per utilizzare in modo ambiguo e contraddittorio la delega. Smontare questo modo senza smontare l’integrazione, anzi… Questa è la sfida che dobbiamo coraggiosamente accogliere.

Articolo tratto da: la scuola ci riguarda tutti.