Tre azioni pedagogiche concrete e non soltanto tre auspici ideali, sono infatti termini evocatori di scelte personali e istituzionali imprescindibili (…) nella relazione con il bambino.
(…) Gli insegnanti non possono che assumere modi e toni coerenti con il senso inequivocabile delle tre A: mettere a proprio agio qualcuno, interessarsi a quello che dice o, che vorrebbe dire, dargli sicurezza.
Accoglienza, allora, vorrà dire mandare segnali chiari in merito al clima di benvenuto da costruire non soltanto in questa o quella classe, bensì da allargare a tutta la scuola. Un ’altra pelle, un’altra lingua, un’altra storia alle spalle, vanno accolte, ascoltate, accompagnate per mano.
☺ Demetrio D., (1997) Agenda interculturale. Quotidianità ed integrazione a scuola. Idee per chi inizia. Meltemi, Roma.
Quando si parla di accoglienza scolastica oggi si fa riferimento quasi esclusivo ai cosiddetti alunni diversamente abili o agli alunni immigrati.
Invece il problema dell'accoglienza scolastica riguarda tutti gli alunni.
La scuola deve configurarsi come un ambiente accogliente, gratificante, piacevole per tutti, alunni e docenti.
In essa nessuno deve sentirsi a disagio, ma tutti debbono avvertire che "stanno bene" in essa, come si diceva negli anni ‘90.
Lo " star bene " a scuola è una delle caratteristiche più significative che ogni scuola deve garantire.
Ma non sempre questo si è verificato. Nel passato, la scuola era avvertita come luogo di malessere. In essa, se non male, gli alunni stavano a disagio, almeno si annoiavano. Per questo, l'ex ministro Letizia Moratti, senza alcun riferimento al suo nome di battesimo, affermava a Rimini che occorre rendere la scuola meno noiosa. Ma rendere la scuola meno noiosa significa renderla anche accogliente.
Accogliere è termine che etimologicamente significa "cordiale, ospitale". Quando gli alunni sono accolti a scuola?
Non certamente quando sono iscritti. Questo è il primo adempimento, dovuto, che non assume alcuna connotazione sul piano emotivo-affettivo.
L'accoglienza non è costituita nemmeno dalle buone maniere, dai saluti, dalle parole gentili.
L'accoglienza è cosa ben più significativa. Non era certamente accogliente la scuola di ieri, la scuola severa, la scuola dell'apprendimento motivato dalle pene, dalle minacce, dalla bocciature, dai voti bassi, ma soprattutto dal clima che in essa imperava.
Il docente, seduto in cattedra, situata sulla pedana non si preoccupava di ciascuno degli alunni, se non nei loro livelli di apprendimento delle nozioni propinate nelle lezioni e nei libri di testo.
Dalla parte opposta, gli uni contro gli altri, e non solo in senso figurato, stava la scolaresca, la classe, e non gli alunni, i singoli alunni, l'uno diverso dall'altro nelle sue caratteristiche, nelle sue motivazioni, nei suoi comportamenti.
Al docente seduto in cattedra si poneva di fronte, si parava di fronte, una scolaresca amorfa, senza volti, costituita da sagome di alunni di cui solo qualcuno riusciva a distinguersi, molto più spesso per i suoi demeriti che per i suoi meriti.
Il docente non conosceva gli alunni ma i loro livelli di apprendimento, desunti unicamente dalle interrogazioni e dalle valutazioni trimestrali o, peggio, quadrimestrali.
Quelli che oggi poniamo a fondamento dei processi apprenditivi e formativi degli alunni, cioè i loro livelli di sviluppo e di apprendimento, i loro stili e ritmi apprenditivi, le loro motivazioni, erano completamente sconosciuti dai docenti e lo sono molto spesso ancora oggi, malgrado le schede di valutazione ed i portfoli, anche perché nella scuola mancano le figure dello psicologo e del sociologo, che li potrebbero fornire.
Ma la scuola di ieri, è risaputo, non era certamente accogliente, anzi veniva vissuta come una condanna, una pena, una costrizione. E si parlava appunto di obbligo scolastico e non di diritto allo studio, inteso come diritto alla piena formazione, al successo formativo, così come oggi si prevede nel Regolamento dell'autonomia scolastica (D.P.R. 275/1999), dando finalmente attuazione all'articolo 3 della Costituzione repubblicana del 1948 che all'articolo 3 parla di pieno sviluppo (<<pieno sviluppo della persona umana>>) (art. 3, Cost.).
Oggi, la scuola ha l'obbligo di garantire il successo formativo e di garantirlo a tutti gli alunni, nel rispetto e nella valorizzazione delle loro diversità, che ovviamente occorre conoscere.
Si richiede, pertanto, un nuovo modello di scuola, fondata sulle metodologie e didattiche che presuppongono:
- la partecipazione;
- la conoscenza e l'accoglienza degli alunni che possono essere garantite dal nuovo strumento di valutazione, costituito non tanto dalla scheda di valutazione, quanto dal Portfolio, fascicolo che si dovrebbe presentare, non come album dei ricordi scolastici, ma come cartella socio-psico-pedagogica, dalla quale risulta la fotografia a colori di ciascun alunno.
Ciascuno alunno può essere accolto se è conosciuto e riconosciuto nella sua identità personale, sociale, morale, culturale, religiosa e civile.
Accogliere significa quindi non fare riferimento ad una scolaresca di alunni che eguali non sono e non debbono diventare, anche se tali sono considerati, nonostante che si presentino con le loro fisionomie personali la cui conoscenza dà ai docenti la possibilità di rispettarli nelle loro identità e quindi di accoglierli, di metterli a loro agio e soprattutto nelle migliori condizioni perché possano perseguire e conseguire il successo formativo.
L'accoglienza non è più un atto formale ma costitutivo dell'azione educativa e didattica, che garantisce a ciascun alunno le condizioni a lui più adeguate perché possano perseguire il loro successo formativo, la loro piena formazione umana, la loroautorealizzazione.
Evidentemente, questa conoscenza delle più diverse caratteristiche dei singoli alunni può essere realizzata nell'ambito dell’elaborazione del portfolio, attraverso il concorso dell’azione di indagine dello psicologo, del sociologo e dei docenti tutti.
L'accoglienza si concretizza nella creazione di un clima scolastico positivo, che cioè valorizza le competenze già possedute dall'alunno che crea un clima collaborativo tra docenti ed alunni, tra alunni ed alunni, ma soprattutto crea un clima valorizzante.
Come prevede il Regolamento dell'autonomia scolastica, la scuola deve riconoscere e valorizzare le diversità.
Ogni essere umano aspira ad essere riconosciuto nella sua identità, alla sua valorizzazione, alla sua piena accettazione, una accettazione senza limiti, senza riserve e soprattutto autentica.
L'accoglienza riguarda, non solo i rapporti tra i docenti e gli alunni, ma anche i rapporti tra gli alunni.
Lo “star bene a scuola” si attua, non solo quando i docenti valorizzano i loro singoli alunni, riconosciuti nelle loro personali identità (Fotografia a colori), ma anche quando si crea tra gli alunni un clima di accettazione, di rispetto, di accoglienza appunto.
L'accoglienza consente ad ogni alunno di fare domande, di chiedere spiegazioni, di svolgere le attività a lui più gradite.
Ma dire che nella scuola si attua l'accoglienza non significa che nella scuola non possano verificarsi anche conflitti, che sembrano la negazione dell'accoglienza.
I conflitti fanno parte della vita e si manifestano soprattutto quando si valorizzano le diversità. La scuola di ieri tendeva ad omologare, anche per evitare i conflitti che la ferrea disciplina imposta dall'alto con la lezione collettiva esigeva.
I conflitti debbono invece avere la possibilità di esprimersi per consentirne il superamento, senza influire negativamente sui soggetti, ma favorendo anzi la comprensione e quindi l'atmosfera di accoglienza anche di coloro che si presentano con esigenze e caratteristiche diverse.
L'accoglienza nella scuola non è mera formalità, fatto di saluti e belle parole, ma sta a fondamento di una scuola che si pone all'insegna della personalizzazione educativa, in quanto favorisce, non solo i rapporti tra i docenti e gli alunni e tra gli stessi alunni, ma anche perché consente di promuovere una metodologia educativa e didattica personalizzata, cioè rispettosa delle caratteristiche personali dei singoli alunni.
Comunque, l'aspetto più significativo dall'accoglienza è forse costituito dalla possibilità che essa offre di rispettare le diversità dei singoli alunni: alunni diversamente abili, alunni extra comunitari o alunni appartenenti alla cultura dell'ambiente scolastico.
Accogliere gli alunni, i singoli alunni, è il primo impegno di una scuola che si pone all'insegna della personalizzazione educativa, nella quale ogni alunno viene valorizzato nella sua identità personale, sociale, culturale, religiosa.
E come tale l'accoglienza costituisce un impegno primario degli operatori scolastici tutti, tra i quali non dovrebbero mai mancare, non solo i docenti, ma anche i sociologi e gli psicologi.
Invece il problema dell'accoglienza scolastica riguarda tutti gli alunni.
La scuola deve configurarsi come un ambiente accogliente, gratificante, piacevole per tutti, alunni e docenti.
In essa nessuno deve sentirsi a disagio, ma tutti debbono avvertire che "stanno bene" in essa, come si diceva negli anni ‘90.
Lo " star bene " a scuola è una delle caratteristiche più significative che ogni scuola deve garantire.
Ma non sempre questo si è verificato. Nel passato, la scuola era avvertita come luogo di malessere. In essa, se non male, gli alunni stavano a disagio, almeno si annoiavano. Per questo, l'ex ministro Letizia Moratti, senza alcun riferimento al suo nome di battesimo, affermava a Rimini che occorre rendere la scuola meno noiosa. Ma rendere la scuola meno noiosa significa renderla anche accogliente.
Accogliere è termine che etimologicamente significa "cordiale, ospitale". Quando gli alunni sono accolti a scuola?
Non certamente quando sono iscritti. Questo è il primo adempimento, dovuto, che non assume alcuna connotazione sul piano emotivo-affettivo.
L'accoglienza non è costituita nemmeno dalle buone maniere, dai saluti, dalle parole gentili.
L'accoglienza è cosa ben più significativa. Non era certamente accogliente la scuola di ieri, la scuola severa, la scuola dell'apprendimento motivato dalle pene, dalle minacce, dalla bocciature, dai voti bassi, ma soprattutto dal clima che in essa imperava.
Il docente, seduto in cattedra, situata sulla pedana non si preoccupava di ciascuno degli alunni, se non nei loro livelli di apprendimento delle nozioni propinate nelle lezioni e nei libri di testo.
Dalla parte opposta, gli uni contro gli altri, e non solo in senso figurato, stava la scolaresca, la classe, e non gli alunni, i singoli alunni, l'uno diverso dall'altro nelle sue caratteristiche, nelle sue motivazioni, nei suoi comportamenti.
Al docente seduto in cattedra si poneva di fronte, si parava di fronte, una scolaresca amorfa, senza volti, costituita da sagome di alunni di cui solo qualcuno riusciva a distinguersi, molto più spesso per i suoi demeriti che per i suoi meriti.
Il docente non conosceva gli alunni ma i loro livelli di apprendimento, desunti unicamente dalle interrogazioni e dalle valutazioni trimestrali o, peggio, quadrimestrali.
Quelli che oggi poniamo a fondamento dei processi apprenditivi e formativi degli alunni, cioè i loro livelli di sviluppo e di apprendimento, i loro stili e ritmi apprenditivi, le loro motivazioni, erano completamente sconosciuti dai docenti e lo sono molto spesso ancora oggi, malgrado le schede di valutazione ed i portfoli, anche perché nella scuola mancano le figure dello psicologo e del sociologo, che li potrebbero fornire.
Ma la scuola di ieri, è risaputo, non era certamente accogliente, anzi veniva vissuta come una condanna, una pena, una costrizione. E si parlava appunto di obbligo scolastico e non di diritto allo studio, inteso come diritto alla piena formazione, al successo formativo, così come oggi si prevede nel Regolamento dell'autonomia scolastica (D.P.R. 275/1999), dando finalmente attuazione all'articolo 3 della Costituzione repubblicana del 1948 che all'articolo 3 parla di pieno sviluppo (<<pieno sviluppo della persona umana>>) (art. 3, Cost.).
Oggi, la scuola ha l'obbligo di garantire il successo formativo e di garantirlo a tutti gli alunni, nel rispetto e nella valorizzazione delle loro diversità, che ovviamente occorre conoscere.
Si richiede, pertanto, un nuovo modello di scuola, fondata sulle metodologie e didattiche che presuppongono:
- la partecipazione;
- la conoscenza e l'accoglienza degli alunni che possono essere garantite dal nuovo strumento di valutazione, costituito non tanto dalla scheda di valutazione, quanto dal Portfolio, fascicolo che si dovrebbe presentare, non come album dei ricordi scolastici, ma come cartella socio-psico-pedagogica, dalla quale risulta la fotografia a colori di ciascun alunno.
Ciascuno alunno può essere accolto se è conosciuto e riconosciuto nella sua identità personale, sociale, morale, culturale, religiosa e civile.
Accogliere significa quindi non fare riferimento ad una scolaresca di alunni che eguali non sono e non debbono diventare, anche se tali sono considerati, nonostante che si presentino con le loro fisionomie personali la cui conoscenza dà ai docenti la possibilità di rispettarli nelle loro identità e quindi di accoglierli, di metterli a loro agio e soprattutto nelle migliori condizioni perché possano perseguire e conseguire il successo formativo.
L'accoglienza non è più un atto formale ma costitutivo dell'azione educativa e didattica, che garantisce a ciascun alunno le condizioni a lui più adeguate perché possano perseguire il loro successo formativo, la loro piena formazione umana, la loroautorealizzazione.
Evidentemente, questa conoscenza delle più diverse caratteristiche dei singoli alunni può essere realizzata nell'ambito dell’elaborazione del portfolio, attraverso il concorso dell’azione di indagine dello psicologo, del sociologo e dei docenti tutti.
L'accoglienza si concretizza nella creazione di un clima scolastico positivo, che cioè valorizza le competenze già possedute dall'alunno che crea un clima collaborativo tra docenti ed alunni, tra alunni ed alunni, ma soprattutto crea un clima valorizzante.
Come prevede il Regolamento dell'autonomia scolastica, la scuola deve riconoscere e valorizzare le diversità.
Ogni essere umano aspira ad essere riconosciuto nella sua identità, alla sua valorizzazione, alla sua piena accettazione, una accettazione senza limiti, senza riserve e soprattutto autentica.
L'accoglienza riguarda, non solo i rapporti tra i docenti e gli alunni, ma anche i rapporti tra gli alunni.
Lo “star bene a scuola” si attua, non solo quando i docenti valorizzano i loro singoli alunni, riconosciuti nelle loro personali identità (Fotografia a colori), ma anche quando si crea tra gli alunni un clima di accettazione, di rispetto, di accoglienza appunto.
L'accoglienza consente ad ogni alunno di fare domande, di chiedere spiegazioni, di svolgere le attività a lui più gradite.
Ma dire che nella scuola si attua l'accoglienza non significa che nella scuola non possano verificarsi anche conflitti, che sembrano la negazione dell'accoglienza.
I conflitti fanno parte della vita e si manifestano soprattutto quando si valorizzano le diversità. La scuola di ieri tendeva ad omologare, anche per evitare i conflitti che la ferrea disciplina imposta dall'alto con la lezione collettiva esigeva.
I conflitti debbono invece avere la possibilità di esprimersi per consentirne il superamento, senza influire negativamente sui soggetti, ma favorendo anzi la comprensione e quindi l'atmosfera di accoglienza anche di coloro che si presentano con esigenze e caratteristiche diverse.
L'accoglienza nella scuola non è mera formalità, fatto di saluti e belle parole, ma sta a fondamento di una scuola che si pone all'insegna della personalizzazione educativa, in quanto favorisce, non solo i rapporti tra i docenti e gli alunni e tra gli stessi alunni, ma anche perché consente di promuovere una metodologia educativa e didattica personalizzata, cioè rispettosa delle caratteristiche personali dei singoli alunni.
Comunque, l'aspetto più significativo dall'accoglienza è forse costituito dalla possibilità che essa offre di rispettare le diversità dei singoli alunni: alunni diversamente abili, alunni extra comunitari o alunni appartenenti alla cultura dell'ambiente scolastico.
Accogliere gli alunni, i singoli alunni, è il primo impegno di una scuola che si pone all'insegna della personalizzazione educativa, nella quale ogni alunno viene valorizzato nella sua identità personale, sociale, culturale, religiosa.
E come tale l'accoglienza costituisce un impegno primario degli operatori scolastici tutti, tra i quali non dovrebbero mai mancare, non solo i docenti, ma anche i sociologi e gli psicologi.
Fonte: http://www.rivistadidattica.com
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