Non esiste il termine razzismo ma vari razzismi.
Vi è il razzismo aperto, quello manifestato, teorizzato, quello che conosciamo storicamente classificando i
gruppi umani considerandone alcuni inferiori in base a caratteristiche biologiche.
L’atteggiamento di razzismo aperto si basa su emozioni forti che hanno profonde motivazioni psicologiche nell’insicurezza e nella paura dello straniero e del diverso, rinforzate da miti razziali negativi.
Lo stesso può essere organizzato da forze politiche, da programmi di esclusione e nelle cattive delle ipotesi da
discriminazioni di massa, se non anche dalla presenza di crisi economiche, di tensioni tra gruppi, dal rapido
arrivo di immigrati e dal ruolo delle forze sociali e politiche che spesso si adoperano per coagulare espressioni
del razzismo.
Il razzismo culturale cerca di giustificare le attitudini e le pratiche di discriminazione a livello di costumi
sociali ed abitudini.
Così è possibile parlare di razzismo senza razza che esclude gli altri senza una causa della diversità di cultura; al colore della pelle si associa l’incompatibilità di persone, gruppi e popolazioni con i loro modi di pensare,
vestirsi, mangiare, muoversi.
Le cause sono dovute spesso a fattori psicologici-soggettivi, condizioni economiche e storico-sociali; il
prendere in considerazione tali fattori contribuisce all’arricchimento dell’analisi aprendo possibilità di azione
educativa che prendano in considerazione sia gli aspetti della personalità individuale sia del contesto storico
sociale in cui avvengono le relazioni interculturali.
Per adottare un’efficace strategia educativa non si può non tener conto dell’interdipendenza esistente tra
percorsi individuali di vita ed il fenomeno immigrazione nell’ottica della percezione collettiva e della realtà.
Un’educazione che si limita a reagire ad atteggiamenti intolleranti non raggiunge i suoi scopi, deve pertanto
nell’ottica dell’interculturalità articolarsi sia a livello della sfera emozionale ed affettiva sia sul piano
cognitivo, assumendo dunque la dimensione culturale.
Assumere la dimensione culturale significa favorire l’incontro tra persone lavorando anche per la prevenzione
di idee e comportamenti di tipo razzista (effetti strumentali e comunicativi direbbe Mead) poiché il pregiudizio
si colloca sia a livello cognitivo che socio affettivo e richiede peraltro modalità educative basate non solo sulla
conoscenza ma anche sul contatto o sui fattori relazionali.
I programmi dovrebbero essere ispirati a nuove conoscenze , al confronto a livello cognitivo ed all’apertura ai
punti di vista dell’altro se non anche all’ascolto della diversità superando così gli stereotipi.
Ma è anche opportuno chiarire concetti quali: differenza, diversità, disuguaglianza, devianza.
Per differenza si intende una varietà qualitativa del gruppo rispetto ad altri gruppi che hanno forte radici
comuni. La differenza va tutelata.
Diversità indica ciò che diverge da norme prestabilite per comune consenso, ne deriva che la diversità è
tollerata a seconda del variare dei costumi e dell’interpretazione delle norme.
Il termine disuguaglianza ha un significato quantitativo: si riferisce a ciò che viene considerato equo e devianza
indica un comportamento inappropriato nei confronti delle norme.
I provvedimenti nei confronti degli individui, dei gruppi e delle minoranze risultano essere incerti,
contraddittori se non viene stabilito dall’inizio ciò che va tutelato.
L’educazione interculturale deve essere considerata come la risposta più idonea alle sfide dell’attuale società complessa ,si tratta di imparare a comunicare con culture altre trovando nuove forme di rapportarsi con il nuovo e l’alterità.
La stessa può essere concepita come educazione alla pace fondata sulla fiducia reciproca degli uomini e dei
popoli, infatti educare alla pace non significa solo promuovere capacità di rispetto reciproco, comunicazione
assertiva, gestione dei conflitti, ma una più globale educazione di valori ed ai valori che sono costitutivi della
pace stessa: la verità, la tolleranza, la giustizia, l’amore, la solidarietà . . . etc . . . valori che poi sono condivisi da tutti i popoli in uno spirito di convivenza costruttiva
Tratto da http://www.eduprof.it/index.html
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